Il Machu Picchu (pron. [ˈmatʃu ˈpitʃu]), o anche Machu Pikchu ([ˈmɑtʃu ˈpixtʃu]; "montagna vecchia" in quechua: machu, "vecchio"; pikchu, "cima" o "montagna") è un sito archeologico Inca situato in Perù, nella valle dell'Urubamba, a circa 2 430 m s.l.m.

Vista nell'immaginario collettivo come i resti di un'antica e fascinosa città perduta, la località è universalmente conosciuta sia per le sue imponenti e originali rovine, sia per l'impressionante vista che si ha sulla sottostante valle dell'Urubamba circa 400 metri più in basso. Parte dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, è stato eletto nel 2007 come una delle sette meraviglie del mondo moderno. È il terzo sito archeologico più grande del mondo dopo gli scavi di Po...Leggi tutto

Il Machu Picchu (pron. [ˈmatʃu ˈpitʃu]), o anche Machu Pikchu ([ˈmɑtʃu ˈpixtʃu]; "montagna vecchia" in quechua: machu, "vecchio"; pikchu, "cima" o "montagna") è un sito archeologico Inca situato in Perù, nella valle dell'Urubamba, a circa 2 430 m s.l.m.

Vista nell'immaginario collettivo come i resti di un'antica e fascinosa città perduta, la località è universalmente conosciuta sia per le sue imponenti e originali rovine, sia per l'impressionante vista che si ha sulla sottostante valle dell'Urubamba circa 400 metri più in basso. Parte dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, è stato eletto nel 2007 come una delle sette meraviglie del mondo moderno. È il terzo sito archeologico più grande del mondo dopo gli scavi di Pompei e Ostia Antica: nel 2003 le rovine sono state visitate da più di 400 000 persone e l'UNESCO ha espresso preoccupazione per i danni ambientali che un tale numero di turisti può arrecare al sito.

Le autorità peruviane, che ovviamente ricavano notevoli vantaggi economici dal turismo, sostengono che non ci sono problemi e che l'estremo isolamento della valle dell'Urubamba limita di per sé il flusso turistico. Periodicamente viene proposta la costruzione di una funivia per raggiungere la città dal fondovalle, ma la proposta non è mai passata.

La gola di Picchu, situata a metà strada fra le Ande e la foresta amazzonica, fu colonizzata da popolazioni montane non selvatiche, provenienti dalle aree di Vilcabamba e della Valle Sacra nella regione di Cusco, in cerca di espansione oltre alle loro frontiere agricole. Le prove archeologiche indicano che l'agricoltura è praticata nella regione almeno dal 760 a.C.[1] A partire dal periodo dell'Orizzonte medio (dall'anno 900 d.C.) si registra un'esplosione demografica di gruppi non documentati storicamente ma probabilmente legati all'etnia Tampu dell'Urubamba. Questi popoli potrebbero aver fatto parte della federazione ayarmaca, rivale dei primi Inca della regione di Cusco.[2] In questo periodo si espande considerevolmente la superficie agricola "artificiale" (terrazze). Tuttavia il sito specifico della città di Machu Picchu (la cresta rocciosa che unisce i monti Machu Picchu e Huayna Picchu) non reca traccia di edificazioni precedenti al XV secolo.[3]

Si suppone che la città fosse stata costruita dall'imperatore inca Pachacútec intorno all'anno 1440 e sia rimasta abitata fino alla conquista spagnola del 1532. La posizione della città era un segreto militare ben custodito, in quanto i profondi dirupi che la circondano erano la sua migliore difesa naturale. Difatti, una volta abbandonata, la sua ubicazione rimase sconosciuta per ben quattro secoli, entrando nella leggenda. Scoperte archeologiche, unite a studi su documenti coloniali, mostrano che non si trattava di una normale città, quanto piuttosto di una specie di residenza estiva per l'imperatore e la nobiltà Inca. Si è calcolato che potevano risiedere a Machu Picchu non più di 750 persone alla volta e probabilmente durante la stagione delle piogge, o quando non c'erano nobili, il numero era ancora minore.

 Machu Picchu vista dalla vetta dell'Huayna Picchu

La città fu riscoperta il 24 luglio 1911 da Hiram Bingham, uno storico di Yale, che stava esplorando le vecchie strade inca della zona alla ricerca dell'ultima capitale Inca: Vilcabamba. Bingham compì parecchi altri viaggi ed eseguì scavi fino al 1915. Solo più tardi si rese conto dell'importanza della sua scoperta e si convinse che Machu Picchu era quella che lui chiamava Vilcabamba. Di ritorno dalle sue ricerche, scrisse parecchi articoli e libri su Machu Picchu; il più conosciuto fu La città perduta degli Inca. Paradossalmente Vilcabamba non era Machu Picchu: l'ultima capitale corrispondeva a Espíritu Pampa, nascosta nella giungla a poche centinaia di metri da dove era arrivato Bingham.

Nel 2008 una serie di documenti rinvenuti negli archivi americani e peruviani da alcuni studiosi internazionali, tra cui lo storico statunitense Paolo Greer, rivelarono che Machu Picchu fu scoperta nella seconda metà dell'Ottocento dal tedesco Augusto Berns che vi costituì una società per sfruttarne le ricchezze.[4] Avvenne nel 1867, 44 anni prima che Bingham la rivelasse al mondo occidentale. L'obiettivo di Greer e dei suoi colleghi era il ritrovamento dei tesori perduti, molti dei quali potrebbero essere finiti in collezioni private.

Epoca inca (1438-1534)  Pachacútec, come appare raffigurato nella cronaca di Martín de Murúa (1615)

Verso il 1440 la gola di Picchu fu conquistata da Pachacútec, primo imperatore Inca (1438-1470), durante la sua campagna di Vilcabamba.[5].

Si ritiene che Machu Picchu avesse, come la maggior parte delle llactas incaiche, una popolazione mobile, che oscillava fra i 300 e i 1.000 abitanti membri di un'élite (probabilmente la panaca di Pachacútec)[6] e acllas. È stato dimostrato che la manodopera agricola era composta di coloni mitimaes o mitmas (mitmaqkuna) provenienti da diverse parti dell'impero.[7]

Alla morte di Pachacútec, conformemente alle usanze reali incaiche, Machu Picchu e il resto delle sue proprietà personali furono trasferite all'amministrazione della sua panaca, che doveva destinare le entrate prodotte al culto della mummia del defunto re.[8] Si presume che questa situazione si sia mantenuta durante i governi di Túpac Yupanqui (1470-1493) e di Huayna Cápac (1493-1529).

Machu Picchu dovette perdere in parte la sua importanza trovandosi a competere in prestigio con le proprietà personali dei successori. Di fatto, l'apertura di una via più ampia e sicura fra Ollantaytambo e Vilcabamba (quella della valle di Amaybamba) disimpegnò la strada della gola di Picchu.

Epoca di transizione (1534-1572)  Machu Picchu

La guerra civile Inca (1531-1532) e l'irruzione spagnola nel territorio di Cusco nel 1534 incisero profondamente sulla vita di Machu Picchu. La collettività rurale del posto era composta principalmente da mitmas, coloni di varie nazioni conquistate dagli inca e condotti a forza nell'area. Essi approfittarono del crollo del sistema economico della regione per tornare alle terre d'origine.[9] La resistenza inca agli spagnoli, comandata da Manco II, nel 1536 convocò i nobili delle regioni vicine per integrare la corte del re nell'esilio di Vilcabamba,[10] ed è molto probabile che la miglior nobiltà di Picchu abbia abbandonato la città in quel momento. Documenti dell'epoca indicano che la regione era piena di sfollati.[11]

Picchu rimase abitata e la sua esistenza è attestata dall'annotazione della città fra le colonie tributarie dell'encomienda spagnola di Ollantaytambo.[12] Ma ciò non vuol dire che gli spagnoli la frequentassero: si sa che i tributi di Picchu erano versati ai colonizzatori una volta all'anno nel villaggio di Ollantaytambo, e non "riscossi" sul posto.[13] In ogni modo, è chiaro che gli spagnoli conoscevano il luogo, sebbene non esistano indizi dell'importanza di un tempo. I documenti coloniali fanno anche menzione del curaca (forse l'ultimo) di Machu Picchu nel 1568: Juan Mácora.[14] Il nome Juan indica che fu almeno formalmente battezzato e perciò sottomesso all'influenza spagnola.

Un altro documento[15] attesta che Titu Cusi Yupanqui, che regnava all'epoca su Vilcabamba, chiese ai frati agostiniani di evangelizzare "Piocho" verso il 1570. Non è noto alcun luogo della zona il cui nome suoni simile a "Piocho" e non sia "Piccho" o "Picchu"; ciò che fa supporre a Lumbreras che i celebri "estirpatori di idolatrie" siano giunti sul posto e abbiano avuto a che fare con la distruzione e l'incendio della Torre del Tempio del Sole.[16]

Il soldato spagnolo Baltasar de Ocampo scrisse alla fine del XVI secolo di un villaggio di edifici sontuosissimi "in cima al fianco di una montagna", che conteneva anche una grande acllahuasi (Casa delle Elette), negli ultimi anni della resistenza inca. La descrizione breve che Ocampo fa dei luoghi riconduce a Picchu, ed è significativo che si riferisca al villaggio con il nome di "Pitcos". L'unico toponimo affine sembra essere Vitcos, ma individua un insediamento incaico completamente diverso a Vilcabamba. L'altro solo "candidato" possibile è naturalmente Picchu.[17] Tuttavia, non è definitivamente accertato se si tratti dello stesso luogo. Secondo Ocampo, nel villaggio sarebbe cresciuto Túpac Amaru, successore di Titu Cusi e ultimo sovrano inca di Vilcabamba.

Tra la colonia e la repubblica (XVII - XIX secolo)

Dopo la caduta del regno di Vilcabamba nel 1572 e la consolidazione del potere spagnolo nelle Ande Centrali Machu Picchu venne abbandonata dagli abitanti, ma si mantenne all'interno della giurisdizione di diverse haciendas che passarono spesso di mano fino all'avvento della repubblica (1821). Ciò nonostante, era diventato un luogo remoto, distante dalle nuove rotte e assi economici del Perù. La regione fu praticamente ignorata dal regime coloniale, che non edificò templi cristiani né amministrò nessuna popolazione della zona.

In effetti, l'agro di Machu Picchu non fu mai completamente disabitato né sconosciuto: documenti del 1657[18] e del 1782[19] alludono a Machu Picchu come a terre di interesse agricolo. Ma le principali costruzioni, quelle dell'area urbana, non sembrano esser state occupate e furono presto vinte dalla vegetazione del bosco nuboso.

Machu Picchu nel secolo XIX

Nel 1865, nel corso dei suoi viaggi esplorativi in Perù, il naturalista italiano Antonio Raimondi passò ai piedi delle rovine senza saperlo e segnalò quanto scarsamente popolata era la regione in quel tempo. Tuttavia, questo indica che la zona cominciava a ricevere visite per interessi diversi da quelli puramente scientifici.

Infatti, un'indagine[20] parla dell'impresario tedesco Augusto Berns che nel 1867 non solo avrebbe "scoperto" le rovine, ma avrebbe anche fondato un'impresa mineraria per sfruttare i presunti tesori che vi albergavano: la Compañía Anónima Explotadora de las Huacas del Inca. Secondo questa fonte, tra il 1867 e il 1870, con l'aiuto del diritto concessogli dal governo di José Balta, la compagnia avrebbe operato nella zona e successivamente venduto "tutto quello che trovò" a collezionisti europei e nordamericani.[21]

In relazione o no con tale ipotetica impresa (la cui esistenza attende conferma da altre fonti e autori), proprio in quei tempi le mappe di prospezione mineraria iniziano a menzionare Machu Picchu. Nel 1870 il nordamericano Harry Singer colloca per la prima volta in una carta geografica l'ubicazione del monte Machu Picchu, riferendosi allo Huayna Picchu con il nome di Punta Huaca del Inca. Il nome rivela un inedito collegamento fra gli inca e la montagna e fa pensare anche ad un carattere religioso (la huaca era un luogo sacro delle antiche Ande).[22]

Una seconda mappa del 1874, stilata dal tedesco Herman Gohring, menziona e colloca nella sua esatta ubicazione ambo le montagne.[23]

Verso la fine del 1880 l'esploratore francese Charles Wiener confermò l'esistenza di rovine archeologiche nel luogo (affermando testualmente: "Ci sono rovine a Machu Picchu"), ma non poté raggiungerlo.[24] In ogni caso è chiaro che la presunta "città perduta" non era stata dimenticata, come si credeva fino ad alcuni anni or sono.

Riscoperta di Machu Picchu (1894-1911)  Machu Picchu di Hiram Bingham nel 1912

Le prime notizie dirette su visitatori delle rovine di Machu Picchu indicano che Agustín Lizárraga, un proprietario terriero del Cusco, giunse sul posto il 14 luglio 1902 alla guida dei conterranei Gabino Sánchez, Enrique Palma e Justo Ochoa.[25] I visitatori lasciarono un graffito con i propri nomi su uno dei muri del Tempio delle Tre Finestre, come verificarono in seguito vari osservatori.[26] Alcune informazioni suggeriscono che Lizárraga avesse già visitato Machu Picchu insieme a Luis Béjar nel 1894.[27] Lizárraga mostrava gli edifici ai "visitatori", ma la vera natura delle sue attività non è stata indagata.[28]

 Uno degli aiutanti di Bingham presso una delle grandi nicchie a volta del Mausoleo Reale, nella cava sotto il tempio del Sole, 1911. Foto scattata da Martín Chambi, fotografo quechua al seguito dell'esploratore statunitense.

Fu così che lo storico statunitense Hiram Bingham, interessato alla ricerca degli ultimi ruderi incaici di Vilcabamba, apprese di Lizárraga grazie ai suoi contatti con i possidenti locali.[29] Guidato dal proprietario terriero Melchor Arteaga e accompagnato dal sergente della guardia civile peruviana Carrasco, Bingham giunse a Machu Picchu il 24 luglio 1911.[30] La spedizione trovò due famiglie di contadini che si erano stabilite sul posto: i Recharte e gli Álvarez. Essi sfruttavano le terrazze a sud delle rovine per coltivare la terra e utilizzavano un canale incaico ancora funzionante, che traeva acqua da una sorgente. Pablo Recharte, uno dei bambini di Machu Picchu, condusse Bingham alla "zona urbana" coperta di erbacce.[31]

Bingham ne restò impressionato e sollecitò l'appoggio dell'Università Yale, della National Geographic e del governo peruviano per attivare il prima possibile lo studio del sito.[32] Con l'aiuto dell'ingegnere Ellwood Erdis, dell'osteologo George Eaton, di Toribio Recharte e Anacleto Álvarez e un gruppo di lavoratori della zona, diresse gli scavi archeologici dal 1912 al 1915, estirpando le erbacce e portando alla luce tombe incaiche. La notorietà di Machu Picchu iniziò nel 1913 con la pubblicazione del resoconto completo nella rivista della National Geographic.

Anche se è chiaro che Bingham non scoprì davvero Machu Picchu (in realtà non la scoprì nessuno, non essendo mai stata realmente "perduta"), non c'è dubbio che ha il merito di essere stato il primo a riconoscere l'importanza delle rovine e a studiarle con l'aiuto di un'équipe multidisciplinare divulgando le sue scoperte, anche se i principî archeologici applicati non erano i più adeguati dal punto di vista attuale[33] e l'esportazione irregolare dal paese del materiale archeologico trovato suscita polemiche.[34] La collezione consta di almeno 46.332 reperti e fino al 2008 non era stata restituita al governo peruviano.[35]

Machu Picchu dopo il 1915

Fra il 1924 e il 1928 Martín Chambi e Juan Manuel Figueroa scattarono a Machu Picchu una serie di fotografie che furono pubblicate in diverse riviste peruviane, attirando l'attenzione di massa sui ruderi (fino ad allora di interesse soltanto locale) e trasformandoli così in un simbolo nazionale.[36]

Storia di Gianfranco Zadra, alpinista trentino

Il trentino Gianfranco Zadra, residente in Perù dal 1956, lavorò per la ditta italiana Panedile Peruana s.a. nella Centrale Idroelettrica di Machu Picchu (Cuzco-Perù) fra il 1959 ed il 1963. Nel tempo libero esplorava i dintorni con l’entusiasmo tipico di chi ama la montagna. Fu amico di Parodi, Bignami, Fantin ed altri italiani che hanno firmato l’Andinismo degli anni 1950-1970. Un giorno trovò una baracca abbandonata e, al suo interno, una serie di documenti e mappe della spedizione del dottor Axel Werner-Gren della Fondazione Viking, datati 1939. Quello fu infatti l’anno della scoperta dei primi tratti dei “Caminos del Inca”, proprio da parte di Gren e del capo-spedizione Paul Fejos. Purtroppo, la spedizione dovette abbandonare le ricerche dopo soli tre mesi, data la prematura morte di Gren. In compagnia di un amico italiano, Mario de Muro, e di un esperto cacciatore della valle chiamato Estrada, Zadra iniziò ad esplorare i dintorni, cercando i luoghi indicati nelle mappe di Gren. Ritrovarono le rovine di Runcu Raccay, Sayac Marca e la più importante fra tutte, Puyu Pata Marca, tutte ricoperte da una fitta e intricata vegetazione. Dopo quasi un anno di ardua ricerca e pulizia dei siti, trovarono tratti interi mai scoperti e cittadelle sconosciute fino ad allora nella gola che unisce la montagna con Machu Pucchu. Questi luoghi non apparivano neanche nelle mappe della precedente spedizione. Nel 1959 presentarono una relazione dettagliata con descrizioni, fotografìe e tutto il materiale ritrovato nella zona alla Corporazione di Ricostruzione e Sviluppo del Cuzco (CRIF).

Di fatto, Zadra, con la sua grande energia e spiccata curiosità mista a una grande cultura, ha aiutato a divulgare le notizie su quella che oggi è una fra le mete turistiche più amate e note al mondo. Insieme al suo gruppo, fu la prima persona a percorrere, pulire e far conoscere los Caminos del Inca, vent’anni dopo Gren, scopritore ufficiale di queste rovine. Inoltre, fu lui, guidato dall’interesse non prettamente archeologico ma turistico-alpinistico, a pubblicare per primo tutta una sezione sulle montagne del Perù in una guida turìstica (“Perù - El libro del Viajero” a cura di Adriana Alarco de Zadra – 1978), con un intero capìtolo dedicato a los Caminos del Inca. Il viaggiatore comune che si reca a Vicabamba solitamente non conosce questa storia, perché nessun libro né targa né guida riporta questi fatti, portati alla luce di recente da Caterina Zandra che trovò carte, mappe e documenti in un vecchio baule. Ma ancora oggi gli anziani del posto ricordano “quel matto di un italiano” che vagava per la valle e che ogni tanto vedevano appeso a qualche parete scoscesa.

Ascensioni di Zadra in Perù:

luglio 1956 - salita al Nevado Keñuane (5400 m) 14 ottobre 1957 - vetta settentrionale del Chachani (6087 m) 1957, maggio 1958 e 1960 - ascensione al Misti (5821 m) 7 giugno 1959 - cima centrale del Pichu Picchu (5684 m) 1959 - salita al Nevado Keñuane (5400 m) giugno-luglio 1959 - Condorì (5286 m) 30 agosto 1959 - cratere del Pico Ubinas (5670 m) 1960 Nevado Artillero (5300 m) luglio 1964 - tentativo al Misti agosto 1964 - Pichu Picchu (cime minori).Avvenimenti successivi

Con il passare dei decenni - specialmente dopo l'apertura di una strada carrabile che dalla stazione ferroviaria fu condotta lungo la costa della montagna fino alle rovine - Machu Picchu divenne la principale meta turistica del Perù. Nei primi due terzi del XX secolo, però, l'interesse per lo sfruttamento turistico prevalse su quello per la conservazione e lo studio del sito. Ciò non impedì ad alcuni importanti ricercatori di compiere passi avanti nello svelare i misteri di Machu Picchu: notevoli sono le ricerche della Viking Found, diretta da Paul Fejos, sui siti incaici dei dintorni (scoprirono vari insediamenti della Strada Inca) e quelle di Luis E. Valcárcel, che collegarono per la prima volta il sito alla figura di Pachacútec.

Ma è a partire dagli anni settanta che le nuove generazioni di archeologi (Chávez Ballón, Lorenzo, Ramos Condori, Zapata, Sánchez, Valencia, Gibaja), storici (Glave y Remy, Rowe, Angles), astronomi (Dearborn, White, Thomson) e antropologi (Reinhard, Urton) iniziarono a indagare compiutamente le rovine e il loro passato.

La creazione di una Zona di protezione ecologica intorno alle rovine nel 1981, la proclamazione di Machu Picchu a patrimonio dell'umanità due anni dopo e l'adozione di un piano generale di sviluppo sostenibile della regione nel 2005 sono le tappe più importanti dello sforzo compiuto per conservare la città e i suoi dintorni.

Questo sforzo è sovente contrastato da vari impedimenti: alcuni cattivi restauri parziali del passato,[37] gli incendi forestali come quello del 1997, conflitti politici sorti nelle popolazioni vicine per una migliore distribuzione delle risorse ricavate dallo Stato nell'amministrare delle rovine (il 10 novembre 2003, con la legge 28100, il Congresso stabilì che il 10% delle entrate raccolte per l'ingresso nel Parco archeologico, amministrato dall'Istituto nazionale di cultura, sarebbe stato destinato alla municipalità di Machu Picchu).[38]. L'8 settembre 2000, durante la registrazione dello spot pubblicitario della birra peruviana Backus & Johnston, una gru cadde sul celebre Intihuatana (orologio solare), rompendo quasi 8 cm della punta. Il caso sfociò in un'azione giudiziaria, intentata dall'Istituto nazionale di cultura, e la richiesta di risarcimento nel 2005.[39]

Nel luglio del 2003 la cantante Gloria Estefan visitò la cittadella e registrò nello scenario di Machu Picchu il video della canzone Hoy dell'album Unwrapped.[senza fonte]

Nel 2007 il governo peruviano proclamò il 7 luglio "Giorno del Santuario storico di Machu Picchu, meraviglia del mondo moderno", poiché questo giorno Machu Picchu fu proclamata fra le sette vincitrici del relativo concorso.[senza fonte]

Nel settembre del 2007 l'Università di Yale espresse l'intenzione di restituire 4.000 reperti archeologici rinvenuti da Hiram Bingham e di farsi promotrice dell'esposizione di essi in un museo itinerante, dopodiché in un museo della regione di Cusco.[40] Sono stati restituiti al Perù nel 2011 e nel 2012 nell'ambito di un accordo di cooperazione con il governo peruviano e l'Università Nazionale di Sant'Antonio l'Abad a Cuzco. Le collezioni sono ora conservate a Casa Concha nel Museo Machu Picchu di Cuzco.

Nell'aprile 2012, insieme a un team di scienziati, l'ingegnere francese Thierry Jamin, archeologo ed esploratoree, con l'ausilio di moderne tecnologie ha provato l'esistenza di camere sconosciute nell'edificio più importante di Machu Picchu. È stata inoltre rilevata la presenza di scale, nonché di metalli quali argento e oro. Una delle ipotesi più accreditate è che si tratti del luogo della sepoltura di Pachacútec.[41][42]

^ Kendall, 1994: 102 ^ Kendall, 1994: 103. Gli ayarmaca appaiono menzionati in diverse cronache del secolo XVI come antagonisti degli inca nel periodo anteriore all'ascesa di Pachacútec. ^ Valencia y Gibaja, 1992: 319 ^ Machu Picchu, quale Indiana Jones La scoprì un trafficante nell'800 - Scienza & Tecnologia - Repubblica.it ^ Secondo Rowe, ciò si deduce dalle cronache del XVI secolo di Martín de Murúa e di Miguel Cabello Valboa (Rowe 1990: 143) ^ Lumbreras, 2005 ^ Gli studi osteologici di Eaton nel 1912 e la loro revisione di Verano (Burger et. al. 2003) sono conclusivi sulla presenza a Machu Picchu di coloni tanto della costa settentrionale del Perù quanto dell'altopiano boliviano. Questo fatto fu notato anche da Chávez Ballón (1961) nel suo famoso studio sulla ceramica di Machu Picchu. La spiegazione più ragionevole è che si trattasse di mitmaqkuna o mitimaes, coloni reclutati dallo stato per questioni politiche (punitive o premiali) per abitare e lavorare in determinate zone dell'impero lontane dalle loro terre d'origine. ^ Un documento del 1568, lo stesso usato per identificare Machu Picchu con la proprietà personale di Pachacútec, riferisce che le terre della gola di Picchu furono dedicate a cerimonie di culto dei morti , ciò che è coerente con la tesi della proprietà personale. ^ Valencia e Gibaja 1992, 324; Kauffman 2006, 64; Lumbreras 2006: (ES) Machu Picchu Archiviato il 21 agosto 2008 in Internet Archive. ^ Kauffman, 2006: 67. ^ Un funzionario spagnolo, in viaggio nel regno di Vilcabamba nel 1565, descrisse le immediatezze del ponte di Choquechaca - strada principale della zona all'inizio dell'epoca coloniale - come un assembramento di sfollati. Rowe, 1990: 140. ^ Il cui primo encomendero fu nientemeno che il conquistador Hernando Pizarro (Glave e Remy, 1983: 6). ^ Rowe, 1990: 142 ^ Glave e Remy, 1983: 247 ^ Ibid. ^ (ES) Machu Picchu Archiviato il 21 agosto 2008 in Internet Archive. ^ Valcárcel 1968 ^ Glave e Remy: 191 ^ Circa il quale venne pubblicato un servizio sul numero 1.745 della rivista Caretas de Lima ^ Secondo il quotidiano spagnolo ABC del 3 giugno 2008 in [1] Archiviato il 28 giugno 2012 in Archive.is., secondo il quotidiano El País del 7 giugno 2008 [2]. ^ L'indagine su Berns, a carico di Paolo Greer, riferisce una lista di 57 contatti europei e nordamericani di possibili compretori, secondo il giornale spagnolo ABC. ^ (EN) Centro di documentazione Mapuche ^ Mariana Mould de Pease la usa come copertina del libro del 2003 nel quale rivela l'esistenza di entrambe le mappe: [3] Archiviato il 28 giugno 2012 in Archive.is. Copia archiviata (JPG), su perubookstore.com. URL consultato il 25 luglio 2008 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2010).. ^ Kauffman Doig 2006: 18. ^ Mould 2003: 57. ^ Hiram Bingham trovò il graffito nel 1911, come egli stesso riconosce nel proprio libro del 1922. [4] Luis Cossío lo vide nel 1912. In seguito fu cancellato da Bingham stesso per ovvie ragioni di manutenzione, sebbene alcuni con malizia suggeriscano che volesse semplicemente sbarazzarsi del precedente storico di Lizárraga, restando egli il solo scopritore. In ogni caso, nei suoi appunti personali Bingham chiamò Lizárraga "scopritore di Machu Picchu" (Mould 2003: 56), anche se gli autori contemporanei discutono la correttezza di questo titolo. ^ [5] e Archiviato il 10 luglio 2008 in Internet Archive.. ^ Mould de Pease cita vari indizi che, a suo giudizio, suggeriscono di indagare la storia di Lizárraga, data la supposta inclinazione di questi a "collezionare" tesori (Mould 2003). ^ Bingham, 1922 ^ Bingham, 1963: 259. ^ Bingham, 1963: 263. ^ Bingham, 1913: 567. ^ Questi criteri, comunque, secondo Lumbreras erano dominanti nella nascente archeologia dell'epoca. Copia archiviata, su machupicchu.perucultural.org.pe. URL consultato il 25 luglio 2008 (archiviato dall'url originale il 14 settembre 2008). ^ Circa 5.000 reperti archeologici furono trasportati temporaneamente all'Università Yale negli Stati Uniti a fini di studio, in cambio del ritorno al Perù e della divulgazione degli studi effettuati e dei rilievi fotografici acquisiti (Mould de Pease 2003: 58). Anche se disposizioni legali (il decreto supremo del 31 ottobre 1912, firmato dall'allora presidente Augusto B. Leguía) permisero tale esportazione, esse violavano la legge peruviana allora vigente. ^ Sulla posizione del Perù in merito si veda: Copia archiviata, su rree.gob.pe. URL consultato il 28 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 28 giugno 2012).. Si veda anche: [6] Archiviato il 15 agosto 2011 in Internet Archive.. Il Perù intende chiedere all'Università Yale la devoluzione di 46.332 reperti archeologici inventariati, estratti da Machu Picchu. Andina, agenzia di stampa peruviana, 16.4.2008. ^ (ES) Copia archiviata, su casamerica.es. URL consultato il 25 luglio 2008 (archiviato dall'url originale il 24 ottobre 2005). ^ Descritti criticamente da Valencia e Gibaja 1992: 275. ^ (ES) Congresso del Perù Legge 28100 (formato .pdf) Archiviato il 27 settembre 2007 in Internet Archive. ^ (ES) La Ultima.com, Sarà chiesto un risarcimento di 60 milioni di nuovi soles per il danneggiamento dell'Intihuatana Archiviato il 5 ottobre 2008 in Internet Archive. ^ (EN) Yale intende restituire gli artefatti peruviani. BBC News. 17 settembre 2007 ^ (EN) A French-Peruvian-Spanish Team Discovers a Chamber in Machu Picchu, su heritagedaily.com, heritagedaily. URL consultato il 24 luglio 2014. ^ (ES) Alec Forssmann, ¿Esconde algo Machu Picchu?, su nationalgeographic.com.es, National Geographic - España. URL consultato il 24 luglio 2014.
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