Bellinzona (/belːinˈt͡soːna/); latino Bilitio o accusativo Bilitionem, 1218 Bilizone, XIV sec. Birinzone e Berinzone, XV sec. Birinzona anche Berinzona, XVI sec. Belinzone o Berinzone Fine XVI secolo Belanzano (Galleria delle mappe Musei Vaticani) o Bellinzone, XVII sec. Belizona e Belinzona, in dialetto ticinese Belinzona, ma anche Brenzona o Borg, in tedesco Bellenz o Bellentz [desueto], in francese Bellinzone, in romancio Blizuna) è un comune svizzero del Cantone Ticino, di cui è la città capitale, nonché capoluogo del distretto omonimo; conta 44 530 abitanti, mentre l'agglomerato e distretto contano oltre 54 900 abitanti.

La città è attraversata da nord e in direzione ovest dal fiume Ticino.

Nel 2017 11 ex-comuni del distretto (Camorino, Giubiasco, Gnosca, Gorduno, Gudo, Moleno, Monte Carasso, Pianezzo, Preo...Leggi tutto

Bellinzona (/belːinˈt͡soːna/); latino Bilitio o accusativo Bilitionem, 1218 Bilizone, XIV sec. Birinzone e Berinzone, XV sec. Birinzona anche Berinzona, XVI sec. Belinzone o Berinzone Fine XVI secolo Belanzano (Galleria delle mappe Musei Vaticani) o Bellinzone, XVII sec. Belizona e Belinzona, in dialetto ticinese Belinzona, ma anche Brenzona o Borg, in tedesco Bellenz o Bellentz [desueto], in francese Bellinzone, in romancio Blizuna) è un comune svizzero del Cantone Ticino, di cui è la città capitale, nonché capoluogo del distretto omonimo; conta 44 530 abitanti, mentre l'agglomerato e distretto contano oltre 54 900 abitanti.

La città è attraversata da nord e in direzione ovest dal fiume Ticino.

Nel 2017 11 ex-comuni del distretto (Camorino, Giubiasco, Gnosca, Gorduno, Gudo, Moleno, Monte Carasso, Pianezzo, Preonzo, Sant'Antonio, Sementina) e Claro (già distretto di Riviera) sono stati accorpati al comune di Bellinzona. La popolazione del comune nel 2017 è dunque passata da circa 18 000 a oltre 40 000 abitanti, e la superficie da 19 km² a quasi 165 km².

Età antica  Moneta Costantino I

La storia della città[1] inizia con la codifica di alcuni scavi archeologici nella corte di Castelgrande, negli anni '80, che confermano la presenza di un villaggio neolitico[2] tra i più antichi in Svizzera e risalente originariamente alla seconda metà del VI millennio a.C.[3]. Nella seconda metà del V millennio a.C., come provano i resti archeologici, l'abitato neolitico faceva parte della cultura dei vasi a bocca quadrata, presente uniformemente in tutto il nord Italia. Alcuni recenti ritrovamenti archeologici dell'età del bronzo nel quartiere di Claro, muri e menhir, risalenti al 2300-2500 a.C., appartenenti a un probabile luogo di culto o sepoltura, hanno avvalorato la presenza di popolazioni stanziali nel comprensorio sin dal neolitico.[4]

Essendo la zona posta all'ingresso delle valli che conducono ai principali valichi alpini: Lucomagno, San Bernardino, Passo San Jorio, Greina e il passo del San Gottardo[5] ha da sempre attirato gli interessi militari e strategici delle diverse popolazioni che si sono succedute, in sequenza, sin dall'antichità: popoli neolitici, Cultura di Canegrate[6], Cultura di Golasecca (Leponzi[7][8] e Insubri[9]) e Romani[10].

Durante gli scavi condotti da Werner Meyer nel 1967, furono dissepolte le vestigia dell’antica cinta muraria edificata dai Romani, origine di quel Castrum Bilitio risalente alla metà del IV secolo.

L'antico nome latino Bilitio non è mai stato ritrovato o citato in alcun documento storico di epoca romana e non esistono neppure fonti specifiche sulle popolazioni celtiche e pre-romane presenti in zona, come dimostrano invece le diverse necropoli [11] affiorate nel comprensorio, anche in epoche recenti[12][13][14] e che hanno permesso di migliorare la conoscenza sulle civiltà pre-romane che hanno colonizzato e abitato l'area. La prima necropoli rinvenuta ad inizio del XX secolo nel quartiere di Giubiasco[15][16] rappresenta una sorta di stele di Rosetta per l'archeologia e la storia di Bellinzona e dell'intera regione; per l'ampiezza della necropoli, con le sue 557 sepolture accertate, e per l'importanza dei reperti rinvenuti sovrapponibili su più epoche, dall'età del bronzo, età del ferro, cultura di La Tène ed epoca romana.[17][18] Nel 1969, durante uno scavo nella necropoli romana di Carasso[19], è stato invece rinvenuto un anello digitale in bronzo, il cui castone porta inciso il monogramma cristiano. Questo tipo di anello rappresenta una delle testimonianze più antiche del cristianesimo del Cantone Ticino e attesta quindi la presenza dei primi cristiani a Bellinzona, e nella regione, almeno dal IV secolo d.C. Dello stesso periodo storico è la moneta con l'effigie dell'imperatore Costantino ritrovata negli scavi condotti nel 1986, nel sagrato della Chiesa della vicina Sant'Antonino[20].

Se per vedere citata Bilitio in fonti storiche bisogna attendere il medioevo con il famoso commento di Gregorio di Tours, i Campi Canini[21], nei pressi di Bellinzona, sono per contro citati sin dall'epoca romana, in quanto teatro di innumerevoli battaglie documentate già a partire dal 355 d.C. e quindi in corrispondenza archeologica con la prima cinta muraria romana edificata e ritrovata sulla rocca cittadina. In quell'anno l'Imperatore Costanzo II, figlio di Costantino il Grande, si mosse personalmente alla testa di una spedizione militare ai confini della Rezia contro i Lentiensi, popolazione di stirpe alemannica che insidiava le frontiere; come documentato dallo storico romano Ammiano Marcellino[22]. Ammiano, infatti, cita:[23]

(LT)

«ad quem procinctum Imperator egressus, in Raetias camposque venit Caninos»

(IT)

«per partecipare alla spedizione l'imperatore usci da Milano e giunse nella Rezia, precisamente nei Campi Canini»

I Campi Canini vengono quindi definiti da Ammiano Marcellino come una località precisa seppur non ancora chiaramente circoscritta. Un'altra scorreria alemanna attraverso i passi retici venne fermata a Bellinzona, sempre all'altezza dei Campi Canini, dall'Imperatore Maggioriano nel 457 d.C.[24], come riferito da Sidonio Apollinare[25], vescovo e scrittore dell'epoca:

(LT)

«Conscenderat Alpes Raetorumque iugo per longa silentia ductus Romano exierat populato trux Alamannus perque Cani quondam dictos de nomine campos in praedam centum noviens dimiserat hostes»

(IT)

«scesero le Alpi e i passi della Rezia novecento feroci Alamanni, lanciandosi in devastazioni e saccheggi attraverso i "Campi" detti "di Cano", da qualcuno che ebbe questo nome»

Vengono quindi fornite dal Vescovo Sidonio Apollinare indicazioni sull'origine stessa del nome e circoscritta in parte la loro posizione. Parecchio tempo dopo, nel XVII secolo, sarà il geografo e umanista Cluverio[26] a riproporre l'episodio storico sul suo "Italia Antiqua, cum Sicilia, Sardinia & Corsica":

"Essi (gli Alemanni), attraverso la Svizzera e il valico del San Gottardo, passate le Alpi scesero sul versante italiano e raggiunsero i Campi Canini"[27]. In questo caso Cluverio cita il Passo del San Gottardo quale passaggio verso sud degli Alemanni.

Età medievale Aerial view of the Castles of Bellinzona from Sasso Corbaro Il castello di Bellinzona dal Sasso Corbaro Castello di Sasso Corbaro La battaglia di Arbedo 1422 Ludovico Maria Sforza detto il Moro

In quest'epoca ricca di avvenimenti, Bellinzona si troverà al centro di contese, interessi militari e commerciali tra le potenze dell'epoca, che ne tracceranno i tratti distintivi ancora oggi visibili in talune opere militari, religiose e civili.

Nell'Alto Medioevo la transizione Gotica e Bizantina che seguì la caduta dell'Impero romano d'Occidente non ha lasciato tracce archeologiche e tanto meno testi scritti; bisognerà attendere l'arrivo dei Longobardi e la contesa con i Franchi per avere il primo riferimento storico su Bellinzona. La fortezza "ad Bilitionem" viene infatti nominata, per la prima volta, in un noto passo di Gregorio di Tours[28] nella sua Historia Francorum, che descrive la calata, nel 590 d.C., dei franchi in discesa dal Lucomagno in guerra contro i longobardi asserragliati nella fortezza di Bellinzona. Gregorio precisamente, dopo avere nominato Milano, nel descrivere il luogo dove fu ucciso il combattente franco Olone scrisse:

"Olo autem dux ad Bilitionem huius urbis castrum, in campis situm Caninis, inportunae accedens, iaculo sub papilla sauciatus, cecidit et mortuus est"

"infatti il comandante Olo, imprudentemente spintosi sotto il castello di Bellinzona, nei Campi Canini, fu ferito e mori"

Gregorio qualificava quindi Bellinzona come una fortezza appartenente alla città di Sant'Ambrogio.[29][30]

Per delineare la storia e origini di un luogo, in particolare nell'antichità e nell'alto medioevo, si fa spesso riferimento ai luoghi di culto. L'originale Pieve di Bellinzona si trovava verosimilmente all'interno della Corte di Castelgrande, dove durante gli scavi archeologici del 1967 sono stati ritrovati i resti di un cimitero medievale cristiano. La prima trascrizione su pietra che parla di un luogo di culto a Bellinzona, già intitolato a san Pietro Patrono della Città, data il 1168[31], anche se la presenza cristiana a Bellinzona è attestata già in epoca romana (IV secolo d.C.). Gli scavi archeologici di Castelgrande hanno appurato tracce di un incendio sulle antiche mura, databile a ridosso dell'VIII secolo/IX secolo, in corrispondenza quindi con il periodo in cui i franchi spodestarono definitivamente i longobardi dalla penisola (774 d.C.).

Dopo la morte di Carlomagno (814 d.C.) l'impero carolingio andò rapidamente in frantumi. Tra il 1002 e il 1004 i sovrani germanici successori di Carlomagno (Arduino ed Enrico II), cedettero al vescovo di Como tutto il Contado di Bellinzona (territorio delimitato a nord da Preonzo e Castione a sud da Gudo e Sant'Antonino. In questo periodo di Contado comasco, vi fu il passaggio attraverso il Passo del Lucomagno dell'esercito con a capo l'imperatore germanico del Sacro Romano Impero Federico I detto il Barbarossa[32], di cui Como, e di conseguenza Bellinzona, erano fedeli alleati. Nel 1176 il Barbarossa giunse quindi nella fortezza, per spostarsi poi nell'attuale Lombardia, dove perse la famosa battaglia di Legnano[33] contro la Lega Lombarda, ponendo definitivamente fine ai sogni di gloria e di conquista militare di Federico I al sud delle Alpi. Contesa a lungo tra Como e Milano entra stabilmente nell'orbita milanese e viscontea a partire dal XIV secolo, Nel 1340 dopo un assedio di due mesi, infatti, l'esercito milanese costrinse alla resa gli irriducibili Rusca di Como e i loro fedelissimi, ancora asserragliati tra le mura dei castelli. Dal bastione bellinzonese i Visconti controlleranno quindi l'importante Passo del San Gottardo, da poco reso valicabile, e tutti i principali passi allora transitabili. Risalgono a questo periodo, prima sotto il dominio Comasco dei Rusca e poi Visconteo, tra il XIV e il XV secolo, i tre stupendi castelli, simbolo stesso della città[34] e le sue imponenti cinte murarie.[35]. Importanti palazzi, cinte murarie, abitazioni e tombe continuano a riaffiorare intanto in alcune zone riconosciute per la loro importanza archeologica, come ad esempio in zona Palasio nel quartiere di Giubiasco, a conferma di quanto la regione rappresentasse un importante crocevia commerciale, religioso e strategico del tardo medioevo[36].

In quest'epoca tumultuosa, i rudi montanari Svizzeri tentarono più volte d'insidiare il potere Visconteo di Bellinzona e d'impossessarsi della Città e manieri per controllare le vie di transito a sud dei passi alpini, vi riuscirono nel 1419, non con la forza delle armi, ma con l'acquisto dei castelli di Bellinzona ai Signori De Sacco, che ne erano in possesso dal 1403. Filippo Maria Visconti sentitosi minacciato da questa espansione e tentata inutilmente la via diplomatica ed economica, nella primavera del 1422 mise il comandante Francesco Bussone Conte di Carmagnola alla testa di un esercito di 16'000 soldati e decise di muovere battaglia per riconquistare Bellinzona e le valli limitrofe di Riviera, Leventina e Blenio. Gli svizzeri tentarono una reazione mettendo sotto assedio i castelli ma la battaglia di Arbedo,[37] combattuta il 30 giugno 1422, ancora una volta ai Campi Canini, e la dura sconfitta dei confederati, sancì la definitiva riconquista di Bellinzona da parte del Ducato milanese almeno fino alla fine del Medioevo.

Non fu questo l'ultimo scontro tra il ducato e confederati che tornarono a fronteggiarsi nel 1449 nella battaglia di Castione[38], in cui gli svizzeri per evitare il massacro dovettero ripiegare velocemente verso la Mesolcina e, ancora, nel 1478 con l'assedio per 2 settimane di Bellinzona con saccheggi e devastazioni nei dintorni della fortezza. L'esercito confederato, probabilmente memore di quanto avvenuto nel 1422 ad opera del Carmagnola e nel 1449 con la battaglia di Castione, come pure a causa delle avverse condizioni meteorologiche di quel freddo dicembre del 1478, al sopraggiungere delle armate di rinforzo milanesi si ritirò oltre Gottardo. Una piccola guarnigione di confederati e leventinesi rimase a seguire le manovre del nemico, che nel frattempo decise di continuare la spedizione verso la vicina Riviera e la Leventina. Il 28 dicembre, con l'esercito ducale in difficoltà nelle strette valli ghiacciate e attraversate dal fiume Ticino, il piccolo contingente svizzero iniziò a colpire dall'alto con sassi e tronchi, mandando in rotta i ducali e dando vita a quella che ancora oggi è conosciuta come la battaglia dei sassi grossi di Giornico[39]. Da allora il Ducato decise di rafforzare ulteriormente le difese di Bellinzona con la costruzione del Castello di Sasso Corbaro e di una nuova cinta muraria che lo collegasse al Castello di Montebello e Castelgrande (castello), impedendo l'aggiramento a monte del borgo fortificato e a cui fece seguito la costruzione del famoso ponte della Torretta[40], inaugurato nel 1489 da Ludovico il Moro in persona e ritenuto il più bel ponte lombardo dell'epoca.

Ancora pochi decenni e la storia avrebbe conosciuto una svolta fondamentale, con avvenimenti straordinari per la macro-storia mondiale e la storia di Bellinzona; il medioevo era agli sgoccioli.

Età moderna (da baliaggio a Cantone)  Diluvio, Codice Windsor, Leonardo da Vinci Bissolo, Zecca di Bellinzona 1503 - 1548 ca

Agli albori dell'età moderna, Bellinzona viene citata e addirittura rappresentata iconograficamente, da uno dei principali geni dell'umanità: Nel XVI secolo descrivendo la strada e passo del San Jorio, Leonardo da Vinci nel suo Codice Atlantico ne fa un accenno: "... le montagne di Lecco e di Gravidonia, inverso Bellinzona ...", lasciando il sospetto che possa averla percorsa e vi sia giunto magari di passaggio. Un ulteriore accenno nel Codice Atlantico si riferisce alla frana del Crenone, allo sbarramento che ne conseguì e alla seguente nascita del lago di Malvaglia (1513 ca.) che, al cedimento della diga, il 22 maggio 1515, causò quell'evento catastrofico conosciuto come la buzza di Biasca[41]. La catastrofe, con i suoi 600 morti e la distruzione del Ponte della Torretta, impressionò così tanto la gente dell'epoca e l'eco "mediatico" fu tale, che superò i confini regionali raggiungendo le corti europee. Fu verosimilmente Leonardo da Vinci a rappresentare la prima iconografia dell'evento nel suo Codice Windsor.

Alberto Vignati, cartografo militare lodigiano[42][43] all'inizio del Cinquecento conferma "la distanza di 16 miglia tra Dunc e Berinzona, al passo vi si può accedere anche da Gravadona, il numero di cavalli che possono alloggiare in ciascuna stazione intermedia e le distanze intercorrenti".

Nel 1499, in seguito alle complesse vicende politico-militari del Ducato di Milano, Bellinzona cade dapprima preda dei francesi e da lì a poco in mano agli svizzeri. Infatti in quel settembre di fine secolo, il re di Francia Luigi XII conquistò la Lombardia e le Terre ticinesi perché si considerava l'erede del ducato. I Francesi inviarono soldati e occuparono anche i Castelli di Bellinzona; un anno dopo, nel 1500, Ludovico il Moro riconquistò temporaneamente Milano, i Bellinzonesi fedelissimi di Ludovico, approfittando del momento propizio e con i francesi verosimilmente concentrati a ricacciare i ducali da Milano, si ribellarono allontanando gli occupanti e asserragliandosi all'interno degli inespugnabili castelli. Ludovico Maria Sforza venne in seguito sconfitto dai francesi a Novara, tentò di ripiegare confondendosi con le truppe in ritirata verso Bellinzona, ma fu tradito da un mercenario Confederato, catturato e trasferito prigioniero in Francia[44]. Le autorità locali bellinzonesi decisero quindi di chiedere aiuto e protezione agli Svizzeri. Uri, Svitto e Untervaldo, che guardavano a Bellinzona da tempo, furono ben lieti di assoggettare il borgo e impossessarsi delle fortezze militari. Più tardi, per la precisione nel 1503, il re di Francia riconobbe ai tre cantoni primitivi il possesso di Bellinzona, della Riviera e di Blenio. Il passaggio dalla dominazione milanese a quella confederata avvenne quindi alla fine del medioevo, quando il ducato milanese era sulla via del tramonto[45]. Bellinzona divenne così la testa di ponte militare dei confederati e del loro tentativo di espansione in Lombardia, che dopo qualche anno, nel 1515, sfocerà nella famosa battaglia di Marignano[46], che sancì la fine delle mire espansionistiche verso sud dei Confederati.

I Confederati, verosimilmente per consolidare la propria presenza nel loro nuovo dominio a sud delle alpi, affermando il controllo economico e per agevolare gli scambi commerciali con i potenti Stati del nord Italia, attivarono una Zecca[47] in Città[48]. La stessa rimase attiva dal 1503, anno del riconoscimento da parte della Francia del dominio bellinzonese ai tre Cantoni primitivi, fino al 1529 e batteva moneta per conto di Uri, Svitto e Untervaldo. Le monete erano ispirate a quelle utilizzate nel Ducato di Milano, poiché da utilizzare prevalentemente negli scambi con lo stesso Ducato e con la Repubblica di Venezia. I pezzi più conosciuti sono il Bissolo[49], che veniva usato anche nella regione, e il Grosso,[50] pezzo unico facente parte dei rari esemplari utilizzati anche a nord delle Alpi e acquistato nel 2018 dal Cantone[51].

Intorno al 1600 il Bilitio Castrum viene citato dal geografo e umanista Philip Clüver[52]:

"BILITIO castrum, sive castellum hodieque in radicibus Alpium Raeticarum supra lacum Verbanum, qui vulgo dicitur adcolis Lago Maggiore, ad Ticinum amnem situm, detorto paullüm vocabulo dicitur Belizona"

"Il centro fortificato, o castello di BILITIO, ai piedi delle Alpi retiche, sopra il Lago Maggiore, sito sul fiume Ticino, e oggi denominato Bellinzona"

La città rimarrà controllata come baliaggio (una specie di colonia) fino alla fine del '700, quando l'intervento di Napoleone e una serie di rivolgimenti interni portano nel 1798 alla nascita del Cantone di Bellinzona, comprendente tutto il Bellinzonese e le Tre Valli, all'interno della Repubblica elvetica. Successivamente, nel 1803 il nuovo cantone fu unito con il Cantone di Lugano per formare l'attuale Cantone Ticino[53], di cui Bellinzona divenne la capitale. Dopo il 1815 tale ruolo sarà attribuito invece a turno anche a Locarno e Lugano. Soltanto nel 1878, non senza diatribe, Bellinzona diventa definitivamente sede del governo cantonale ticinese[54].

XIX secolo

Nell'Ottocento il Ticino era un'isola repubblicana e democratica nella Lombardia sotto dominio austro-ungarico, i rapporti diplomatici tra Svizzera, Cantone Ticino e Austria non erano propriamente amichevoli, infatti il Ticino ospitava un numero cospicuo di dissidenti liberali e anti-austriaci lombardi. La tensione salì quando il Ticino espulse 22 frati cappuccini lombardi accusati di spionaggio e gli austriaci, in risposta, rimpatriarono 6'000 ticinesi emigrati in Lombardia per lavorare[55], imponendo pure un blocco commerciale. Nel 1853, per fare fronte a questo difficile periodo per il Ticino e il suo popolo, la Confederazione decise di investire in opere pubbliche e fortificazioni militari a sud delle Alpi, prese così forma tra Camorino, Giubiasco e Sementina, la linea di difesa dei cosiddetti Fortini della fame[56], che avevano il doppio ruolo di fornire lavoro ai disoccupati e fungere da deterrente ad un'eventuale invasione austriaca da sud.

Se la prima metà dell'Ottocento presentava ancora caratteri prevalentemente agricoli e sotto certi versi primitivi, con povertà e mortalità infantile molto diffuse[57], centri abitati distanti in media 5Km l'uno dall'altro[58] e poca o nessuna alfabetizzazione, con l'arrivo della ferrovia il Ticino intraprende un nuovo corso battezzando di fatto l'inizio dello sviluppo industriale. La prima ferrovia aperta attraverso le Alpi con un tunnel di 15Km, un'opera faraonica per l'epoca, fu infatti quella del Gottardo nel 1882, mentre la prima tratta ferroviaria arriva in Città nel 1874 con l'apertura delle tratte Bellinzona-Biasca e Bellinzona-Locarno. Il simbolo del nuovo profilo industriale di Bellinzona fu idealmente rappresentato dalle Officine[59], un centro specializzato nella manutenzione di carri e locomotive ferroviarie, che avviarono la loro attività nel 1874 nell'attuale deposito locomotive e, in seguito alla necessità d'ampliamento, nei nuovi capannoni terminati nel 1899; stabilimenti in cui le Officine sono ancora oggi attive[60].

La ferrovia prima e le strade in seguito, rappresenteranno quindi per anni e fino ai nostri giorni le colonne di una nuova economia, che farà di Bellinzona la porta meridionale delle Alpi occidentali per le persone e le merci, un po' come avveniva in epoca antica e nel medioevo, ma ora su vasta scala e con tempi di percorrenza sempre minori.

Prima e seconda guerra mondiale

Durante la prima guerra mondiale la Svizzera, seppure dichiaratasi neutrale, pensò bene di mobilitare l'esercito preparandosi al peggio; in questo senso Bellinzona avrebbe rappresentato ancora una volta un importante caposaldo militare[61], per contrastare eventuali tentativi d'invasione che provenissero dal Regno d'Italia.

Nella seconda guerra mondiale i proclami propagandistici di Mussolini e del fascismo sull'annessione dei territori della linea alpina (Ticino, Grigioni, Vallese), ritenuti linea naturale del confine italiano e il piano di conquista della VI armata del Po, preoccupavano e facevano supporre ancora una volta un tentativo d'invasione. Nel 1939 iniziano quindi gli studi delle opere per la creazione di una linea di difesa che in seguito assumerà il nome di copertura LONA (LOdrino-OsogNA)). La linea, un complesso di fortificazioni e uno sbarramento anticarro di vallata è stata quindi costituita a Riviera, tra Bellinzona e Biasca[62].

I nostri giorni  Palazzo Civico da Piazza Nosetto Il Castelgrande

Bellinzona ci regala oggi una delle più significative testimonianze in fatto di architettura difensiva dell'area alpina, entusiasma gli ospiti moderni con castelli, merli e mura, il tutto accuratamente restaurato e integrato nel suo nucleo storico.

A partire dalla seconda metà del Novecento l'area urbana di Bellinzona ha superato i confini cittadini, abbracciando gran parte l'agglomerato. La Città ha lentamente rafforzato il suo ruolo come polo di sviluppo, non solo del Bellinzonese, ma anche della vicina Riviera e del Moesano.

Nel novembre 2012, a Sementina, 17 Municipi del Comuni del Bellinzonese, escluso Isone, con l'aggiunta di Claro (distretto di Riviera), hanno sottoscritto l'istanza formale di aggregazione indirizzata al Consiglio di Stato, così come prevede la Legge sull'aggregazione dei Comuni.

Il Consiglio di Stato ha nominato la Commissione di studio incaricata di elaborare il progetto che sarebbe stato sottoposto alla popolazione dei Comuni interessati in votazione consultiva. La legge stabilisce quindi che sulla base dell'esito di tale voto, il Consiglio di Stato licenzi un messaggio governativo all'indirizzo del Gran Consiglio, cui compete formalmente la decisione per l'aggregazione di Comuni.

Il 18 ottobre 2015 è avvenuta la votazione consultiva nei comuni interessati dal progetto. Dei 17 comuni che hanno partecipato al progetto aggregativo, in 13 si è avuto esito positivo: Bellinzona, Camorino, Claro, Giubiasco, Gnosca, Gorduno, Gudo, Moleno, Monte Carasso, Pianezzo, Preonzo, Sant'Antonio e Sementina. Mentre quattro comuni hanno votato per restare indipendenti: Arbedo-Castione, Cadenazzo, Lumino e Sant'Antonino.

Dopo l'avallo alla fusione del Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino vi è stato il ricorso al Tribunale Federale da parte di alcuni cittadini, che ritenevano nullo il voto essendo lo stesso vincolato all'aggregazione a 17 anziché a 13 comuni, come invece scaturito dalle urne. Il Tribunale Federale, con sentenza del 17 novembre 2016, ha respinto definitivamente il ricorso contro l'aggregazione dei 13 comuni. Il voto comunale per definire la composizione del nuovo Municipio e Consiglio comunale ha avuto luogo il 2 aprile 2017, è nata quindi una realtà urbana con una popolazione di 42'084 abitanti, dodicesima città Svizzera.

Lingua e dialetto

La lingua ufficiale a Bellinzona, come nel resto del Cantone Ticino e in alcune aree del Cantone Grigioni, è l'italiano[63]; l'italiano è pure riconosciuto ufficialmente come terza lingua nazionale della Confederazione Elvetica[64].

Il dialetto ticinese[65] ricopre tutt'oggi un ruolo importante nella comunicazione sociale e informale, essendo parlato prevalentemente in famiglia, ma anche nei ritrovi pubblici, sul posto di lavoro, nell'amministrazione pubblica e, a volte, alla TV svizzera di lingua italiana (RSI). Il dialetto viene usato anche, e in parte, dagli stranieri[66] da lunga data in Ticino o dai loro figli, che lo assimilano ufficiosamente sul posto di lavoro o a scuola[67].

A Bellinzona si parla in particolare il ticinese legato al ramo lombardo occidentale[68] delle lingue galloromanze o galloitaliche con alcune caratteristiche proprie[69]; ad esempio nel bellinzonese per talpa si usa il termine talp[70] al maschile, ripreso presumibilmente e letteralmente dal plurale: i talp. Nel Gambarogno si usa il termine taupa, nel sottoceneri locc e nel locarnese mozon o muzon, nel lombardo occidentale alpino talpin. Il dialetto di Bellinzona si distingue dalla variante alpina, parlata prevalentemente a nord del Cantone e lungo le valli del locarnese.

Stemma
Stemma 

Stemma

Antico stemma "tri bofitt" 

Antico stemma "tri bofitt"

 Antico stemma del circondario di Bellinzona

Lo stemma araldico di Bellinzona, costituito da un «biscione bianco in campo rosso»[71], è legato a doppio filo alla dominazione milanese: alla Città di Sant'Ambrogio deve infatti il biscione visconteo a sette spire che la rappresenta. Secondo gli storici, l’antico stemma della città era formato da tre soffietti, tri bofitt in dialetto bellinzonese (attrezzi per attizzare il fuoco), indicanti i venti del nord, nord-est e sud-ovest convergenti al centro dov'era posizionata una grande lettera B[72], indicante il toponimo. In epoca viscontea venne sostituito dalla nota “vipera” o “biscione” di quel casato, che in epoca svizzera venne privato della corona ducale e del fanciullo in bocca[73]. Esiste, invero poco conosciuto, un antico stemma in rappresentanza del circondario (distretto) di Bellinzona con due rami di quercia ai lati e il fascio consolare al centro sormontato, al posto della scure, da un copricapo del Guglielmo Tell[74].

 Il logo della Città

L'Ente nato dall'aggregazione con i tredici comuni limitrofi, si è dotato anche di un logo che riprende (stilizzato) l’antico “biscione” d’argento in campo rosso di derivazione viscontea. Questo, realizzato dallo studio Variante Agenzia, è composto da tredici linee che rappresentano i comuni aggregati ed è stato denominato “la danza del serpente”[75]. Il logo non sostituisce lo stemma araldico[76].

Curiosità

I bellinzonesi sono riconosciuti e battezzati con il soprannome dialettale di ciod ovvero chiodi. Alla fine dell'Ottocento era anche in auge l'espressione giornalistica "roba da chiodi" (incredibile e riprovevole) spesso utilizzata per definire l'operato del Governo cantonale con sede a Bellinzona[77]. Il nome, secondo una versione popolare, deriverebbe da una fabbrica di chiodi in collina e dal via vai di trasportatori di questi chiodi verso il piano, per dare avvio allo smercio. Un'altra versione, poco verosimile rispetto all'epoca in cui il soprannome era in realtà già utilizzato, parla invece del monumento di Piazza Indipendenza inaugurato nell'agosto del 1903, simile ad un chiodo capovolto[78]. Il soprannome intende pure riferirsi bonariamente al carattere del bellinzonese, ritenuto piuttosto avaro, schivo e irremovibile come un chiodo.

Bellinzona è anche chiamata Città del vento o dei tri bofitt (tre venti in dialetto), per la sua esposizione costante ai venti da nord, nord-est e sud-ovest che confluiscono regolarmente e talvolta in modo burrascoso sulla Città e circondario.

Bellinzona è la Città del carnevale, il carnevale Rabadan[79] "schioda" la Città dal letargo invernale per 6 giorni ininterrotti di bagordi che si tengono tra le vie del centro. All'apertura del carnevale, il giovedì e fino al martedì grasso, le chiavi della Città vengono quindi consegnate dal Sindaco al Re del carnevale, che detiene il potere carnascialesco per sei giorni di monarchia, in cui gli abitanti diventano ufficialmente sudditi di sua Maestà Re Rabadan. Il Rabadan è il più grande carnevale della Svizzera italiana e tra i cinque carnevali più importanti in Svizzera[80].

^ La Storia: scritto di Werner Meier, su bellinzona.ch. ^ Villaggi neolitici in Svizzera, su archaeologie-schweiz.ch. URL consultato il 9 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 18 aprile 2017). ^ Bellinzona (comune): 1 - Preistoria e Protostoria, su hls-dhs-dss.ch. ^ Il neolitico riaffiora a Claro, su tio.ch. ^ Passo del San Gottardo, su passosangottardo.ch. URL consultato il 18 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 20 marzo 2017). ^ E-periodica Il Ticino dalla media Età del Bronzo all'età del ferro, su e-periodica.ch. 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