खजुराहो स्मारक समूह

( Gruppo di monumenti di Khajuraho )

Il Gruppo di monumenti di Khajuraho è un gruppo di templi indù e giainisti del distretto di Chhatarpur nello stato di Madhya Pradesh in India, a circa 175 chilometri a sud-est di Jhansi. Sono un sito patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. I templi sono famosi per il loro simbolismo architettonico in stile nagara e le loro sculture erotiche.

La maggior parte dei templi di Khajuraho furono costruiti tra l'885 e il 1050 dalla dinastia Chandela I documenti storici indicano che il sito di Khajuraho aveva 85 templi nel XII secolo, distribuiti su una superficie di 20 km2. Di questi ne sono sopravvissuti solo circa 25, distribuiti su una superficie di 6 km2. Dei templi sopravvissuti, il tempio Kandariya Mahadeva è decorato con una profusione di sculture con dettagli intricati, simbolismo ed espressività dell'antica arte indiana.

Quando questi monumenti furono costruiti, i ragazzi del luogo vivevano in eremi, essendo brahmchari (scapoli) fino a q...Leggi tutto

Il Gruppo di monumenti di Khajuraho è un gruppo di templi indù e giainisti del distretto di Chhatarpur nello stato di Madhya Pradesh in India, a circa 175 chilometri a sud-est di Jhansi. Sono un sito patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. I templi sono famosi per il loro simbolismo architettonico in stile nagara e le loro sculture erotiche.

La maggior parte dei templi di Khajuraho furono costruiti tra l'885 e il 1050 dalla dinastia Chandela I documenti storici indicano che il sito di Khajuraho aveva 85 templi nel XII secolo, distribuiti su una superficie di 20 km2. Di questi ne sono sopravvissuti solo circa 25, distribuiti su una superficie di 6 km2. Dei templi sopravvissuti, il tempio Kandariya Mahadeva è decorato con una profusione di sculture con dettagli intricati, simbolismo ed espressività dell'antica arte indiana.

Quando questi monumenti furono costruiti, i ragazzi del luogo vivevano in eremi, essendo brahmchari (scapoli) fino a quando non raggiungevano la virilità e queste sculture li aiutavano a conoscere il ruolo di "capofamiglia". Il gruppo di templi di Khajuraho fu costruito contemporaneamente ma era dedicato a due religioni, l'induismo e il giainismo, suggerendo una tradizione di accettazione e rispetto per le diverse opinioni religiose tra indù e giainisti della regione.

Il gruppo di monumenti di Khajuraho fu costruito durante il dominio della dinastia Chandela. L'attività edilizia iniziò quasi subito dopo la loro ascesa al potere nel loro regno poi conosciuto come Bundelkhand.[1] La maggior parte dei templi furono costruiti durante i regni dei re indù Yashovarman e Dhanga. L'eredità di Yashovarman è meglio esposta dal Tempio di Lakshmana. Il tempio di Vishvanatha evidenzia al meglio il regno del re Dhanga.[2] Il tempio superstite più grande e attualmente più famoso è Kandariya Mahadeva costruito durante il regno del re Vidyadhara.[3] Le iscrizioni del tempio suggeriscono che molti dei templi attualmente sopravvissuti furono completati tra il 970 e il 1030, con ulteriori templi completati nei decenni successivi.[4]

I templi di Khajuraho furono costruiti a circa 56 km dalla città medievale di Mahoba,[5] la capitale della dinastia Chandela, nella regione di Kalinjar. Nella letteratura antica e medievale, il loro regno è stato chiamato Jijhoti, Jejahoti, Chih-chi-to e Jejakabhukti.[6]

La prima menzione documentata di Khajuraho fu fatta nel 641 da Xuánzàng, un pellegrino cinese che descrisse di aver incontrato diverse dozzine di monasteri buddisti inattivi e una dozzina di templi indù con un migliaio di bramini adoranti.[7] Nel 1022, Khajuraho fu menzionata da Abu Rihan-al-Biruni, lo storico persiano che accompagnò Mahmud di Ghazni nel suo raid di Kalinjar; citò Khajuraho come la capitale di Jajahuti.[8] Il raid non ebbe successo e fu raggiunto un accordo di pace quando il re indù accettò di pagare un riscatto a Mahmud di Ghazni per porre fine all'attacco e ad andarsene.[6]

I templi di Khajuraho furono in uso fino alla fine del XII secolo. Nel XIII secolo l'esercito del Sultanato di Delhi, sotto il comando del sultano musulmano Qutb-ud-din Aibak, attaccò e si impadronì del regno di Chandela. Circa un secolo dopo, Ibn Battuta, il viaggiatore marocchino, nelle sue memorie sul suo soggiorno in India, dal 1335 al 1342, menzionò la visita ai templi di Khajuraho, chiamandoli "Kajarra",[9][10] come segue:

«...vicino ai templi (Khajuraho), che contengono idoli mutilati dai musulmani, vivono numerosi yogi i cui riccioli arruffati sono cresciuti tanto quanto i loro corpi. E per l'estremo ascetismo sono tutti di colore giallo. Molti musulmani frequentano questi uomini per prendere lezioni (yoga) da loro.»

 Fino al XII secolo, Khajuraho era sotto i re indù e presentava 85 templi. L'India centrale fu conquistata dal Sultanato di Delhi nel XIII secolo. Sotto il dominio musulmano, molti templi furono distrutti e il resto lasciato in abbandono. Sono ancora visibili le rovine di alcuni antichi templi (il tempio di Ghantai sopra).

La regione dell'India centrale, dove si trovano i templi di Khajuraho, fu controllata da varie dinastie musulmane dal XIII al XVIII secolo. In questo periodo alcuni templi furono profanati, e poi lasciati per un lungo periodo in abbandono.[4][1] Nel 1495, ad esempio, la campagna di distruzione dei templi di Sikandar Lodi includeva Khajuraho.[11] La lontananza e l'isolamento di Khajuraho protessero i templi indù e giainisti dalla continua distruzione da parte dei musulmani.[12][13] Nel corso dei secoli, la vegetazione e le foreste invasero i templi.

Nel 1830, gli indù locali guidarono nei templi un geometra britannico, T.S. Burt, e furono così riscoperti dal pubblico.[14] Alexander Cunningham in seguito riferì, pochi anni dopo la riscoperta, che i templi erano segretamente utilizzati dagli yogi e che migliaia di indù sarebbero arrivati in pellegrinaggio durante lo Shivaratri celebrato ogni anno a febbraio o marzo in base a un calendario lunare. Nel 1852, F.C. Maisey preparò i primi disegni dei templi di Khajuraho.[15]

Nomenclatura

Il nome Khajuraho, o Kharjuravāhaka, deriva dall'antico sanscrito (kharjura, che significa palma da datteri,[16] e vāhaka, वाहक che significa "colui che porta" o portatore[17]). Le leggende locali affermano che i templi avevano come porta d'ingresso due palme da datteri dorate (mancanti quando furono riscoperti). Desai afferma che Kharjuravāhaka significa anche "portatore di scorpione", che è un altro nome simbolico per la divinità Shiva (che indossa serpenti e ghirlande di scorpioni nella sua forma feroce).[18]

La nomenclatura di Cunningham e il lavoro di documentazione sistematica negli anni 1850 e 1860 sono stati ampiamente adottati e continuano ad essere in uso.[15] Egli raggruppò i templi nel gruppo occidentale intorno a Lakshmana, nel gruppo orientale intorno a Javeri e nel gruppo meridionale intorno a Duladeva.[19]

^ a b G.S. Ghurye, Rajput Architecture, ISBN 978-8171544462, Reprint Year: 2005, pp 19-24 ^ Sailendra Sen, A Textbook of Medieval Indian History, Primus Books, 2013, ISBN 9789380607344. ^ Devangana Desai, 2005, p. 10. ^ a b Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore jfergusson ^ Nota anche come Erakana ^ a b Mitra (1977), The early rulers of Khajuraho, ISBN 978-8120819979 ^ Christophe Hioco e Luca Poggi, Khajuraho: Indian Temples and Sensuous Sculptures, 5 Continents Editions, 2017, p. 9, ISBN 978-88-7439-778-5. ^ J. Banerjea (1960), Khajuraho, Journal of the Asiatic Society, Vol. 2-3, pp 43-47 ^ Tradotto foneticamente dall'arabo a volte come "Kajwara" ^ Director General of Archaeology in India (1959), Archaeological Survey of India, Ancient India, Issues 15-19, pp 45-46 (Archived: University of Michigan) ^ Michael D. Willis, An Introduction to the Historical Geography of Gopakṣetra, Daśārṇa, and Jejākadeśa, Bulletin of the School of Oriental and African Studies, University of London, Vol. 51, No. 2 (1988), pp. 271-278; See also K.R. Qanungo (1965), Sher Shah and his times, Orient Longmans, OCLC 175212, pp 423-427 ^ Trudy King et al., Asia and Oceania: International Dictionary of Historic Places, ISBN 978-1884964046, Routledge, pp 468-470 ^ Alain Daniélou (2011), A Brief History of India, ISBN 978-1594770296, pp 221-227 ^ Louise Nicholson (2007), India, National Geographic Society, ISBN 978-1426201448, vedi capitolo su Khajuraho ^ a b Krishna Deva (1990), Temples of Khajuraho, 2 Volumes, Archaeological Survey of India, New Delhi ^ kharjUra Sanskrit English Dictionary, Koeln University, Germany ^ vAhaka Sanskrit English Dictionary, Koeln University, Germany ^ Devangana Desai (1996), Chapter 7 - Puns and Enigmatic Language in Sculpture Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive. in The Religious Imagery of Khajuraho, Project for Indian Cultural Studies, Columbia University Archives ^ Rana Singh (2007), Landscape of sacred territory of Khajuraho, in City Society and Planning (Editors: Thakur, Pomeroy, et al), Volume 2, ISBN 978-8180694585, capitolo 18
Fotografie di:
Tara Atluri - CC BY-SA 4.0
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