Hattuşaş

( Ḫattuša )

Ḫattuša (o Ḫatti) fu la capitale dell'impero ittita e precedentemente uno dei centri della cultura Hatti, oltre che un importante centro religioso e culturale. La città di Ḫattuša rimase sempre geograficamente decentrata rispetto alla civiltà ittita, che si sviluppò più a sud. Anche il territorio dell'impero si estendeva soprattutto a sud-est e successivamente a sud-ovest. La città fu sempre esposta agli attacchi delle popolazioni che abitavano le montagne più a nord, i Kaska, che non furono mai assoggettati dagli Ittiti. Probabilmente essi però non furono la causa del declino avvenuto durante il collasso dell'età del bronzo e l'inizio dell'età del ferro in Anatolia.

Il sito archeologico si trova nella provincia di Çorum in Turchia, circa 145 km a nord-est di Ankara, e nei suoi pressi sorge il villaggio di Boğazkale. Il sito è stato inserito tra i Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO nel 1986. La parte più estesa del sito è costituita dalla Città Alta che ...Leggi tutto

Ḫattuša (o Ḫatti) fu la capitale dell'impero ittita e precedentemente uno dei centri della cultura Hatti, oltre che un importante centro religioso e culturale. La città di Ḫattuša rimase sempre geograficamente decentrata rispetto alla civiltà ittita, che si sviluppò più a sud. Anche il territorio dell'impero si estendeva soprattutto a sud-est e successivamente a sud-ovest. La città fu sempre esposta agli attacchi delle popolazioni che abitavano le montagne più a nord, i Kaska, che non furono mai assoggettati dagli Ittiti. Probabilmente essi però non furono la causa del declino avvenuto durante il collasso dell'età del bronzo e l'inizio dell'età del ferro in Anatolia.

Il sito archeologico si trova nella provincia di Çorum in Turchia, circa 145 km a nord-est di Ankara, e nei suoi pressi sorge il villaggio di Boğazkale. Il sito è stato inserito tra i Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO nel 1986. La parte più estesa del sito è costituita dalla Città Alta che si estende a sud per circa 1 km², ed è cinta da mura con porte ornate di rilievi raffiguranti guerrieri, leoni e sfingi. All'esterno delle mura si trova la necropoli, contenente vari sepolcri. Le stime attuali indicano una popolazione tra i 20 000 e i 40 000 abitanti nel periodo d'oro. Le case comuni erano costruite in legno e mattoni di fango, e per questo motivo non restano altre testimonianze che le mura in pietra dei templi e dei palazzi.

Con più di 30 000 tavolette cuneiformi riportate alla luce dall'inizio degli scavi, Ḫattuša rappresenta il sito dal quale proviene la maggior parte delle nostre conoscenze sulla civiltà ittita oltre che notevoli testimonianze, grazie all'importanza del regno, sulla situazione di tutto il Vicino Oriente antico. Una tavoletta riporta i dettagli del trattato di pace fra Ittiti ed Egizi stipulato nel 1259 a.C., ventiquattro anni dopo la battaglia di Qadeš avvenuta attorno al 1283 a.C., esempio di uno dei primi trattati di pace internazionali.

La città venne distrutta poco dopo il 1200 a.C., alla caduta dell'impero ittita, durante il periodo storico chiamato Collasso dell'Età del Bronzo. Anche dopo la caduta del regno ittita il sito fu regolarmente occupato nel corso dei secoli successivi, fino all'attuale villaggio turco, senza più avvicinarsi però allo splendore della antica città.

I primi millenni (dal VI al III millennio)

Le prime fasi di occupazione del sito di Boğazkale risalgono al VI millennio a.C. (calcolitico), e già allora l'altopiano di Büyükkaya risultava essere il luogo privilegiato di insediamento[1]. Un altro sito coevo a questo è stato ritrovato nelle vicinanze, a Yarikkayai[1]. Per tutti i primi tre millenni di occupazione del sito, tuttavia, si sono rinvenute solo scarse tracce di insediamenti umani, perché le popolazioni autoctone erano costituite da cacciatori-raccoglitori seminomadi, che praticavano un'agricoltura molto primitiva e si spostavano una volta esaurite le risorse del territorio[2].

Il sito cominciò il suo sviluppo solo alla fine del terzo millennio, durante l'età del bronzo antico[1]. L'agglomerato principale della regione in questo periodo storico era Alaca Höyük, a 25 km da Boğazkale[1]; i punti principali di insediamento si trovavano, anche in questo periodo, a Büyükkale, dove è stata ritrovata una prima fortificazione, ma anche a Büyükkaya[3]. Le tracce degli edifici di questo periodo sono scarse e coperte da quelle dei periodi successivi[1]. Gli abitanti erano probabilmente gli Hatti[1], un popolo che parlava una lingua isolata, forse correlato a gruppi etnici dell'attuale Caucaso.

Hattuš, capitale degli Hatti (ca. 2000 - 1740 a.C.)

Boğazkale, prima di essere un sito ittita, fu una città del popolo hattico[1], a cui deve il suo nome. La città infatti è citata, dagli inizi del secondo millennio con il nome di Hattuš, soprattutto nella documentazione dei mercanti assiri che commerciavano in Anatolia[1]. La maggior parte di tali documenti sono stati trovati nel sito archeologico di Kanesh/Neša[1], in Cappadocia, centro Ittita e principale punto di controllo dei commerci assiro-anatolici, 160 km a sud est di Boğazkale[4]. È con l'arrivo di questi mercanti che la scrittura viene introdotta a Boğazkale, come altrove in Anatolia[1]. In questa regione i mercanti assiri acquistavano soprattutto metalli (rame, argento, oro), scambiandoli con lo stagno e i tessuti che importavano dall'Assiria. Sono stati trovati vari insediamenti commerciali assiri, chiamati karu ('porti'), presso le principali città anatoliche.

Il karum di Ḫattuša sorgeva presso la città bassa, al V e IV livello, corrispondenti rispettivamente al XIX secolo e all'inizio del XVIII secolo. Veniva indicato, nella corrispondenza commerciale, con il simbolo sumerico per l'argento, per indicare il tipo di merce che là si poteva acquistare[5]. È a questi livelli archeologici che risalgono le tavolette assire trovate in loco[6]: diciotto di queste documentano le attività del mercante Daya che, stabilitosi a Hattuš, vendeva i tessuti inviati da sua moglie, rimasta in Assiria[6][7].

La città di Hattuš costituiva un nodo importante nella rete commerciale degli Assiri in Anatolia, dato che si trovava sulla strada che conduceva da Kanesh a Zalpa sul Mar Nero, attraverso Ankuwa (probabilmente l'odierna Alişar), un'altra città importante della regione. I testi commerciali ritrovati a Ḫattuša sono contemporanei a quelli ritrovati al livello Ib di Kanesh, che corrisponde agli ultimi anni del periodo in cui operarono i mercanti assiri[8][9]. Hattush era la capitale di un regno relativamente grande, che apparentemente era il centro politico di Hatti e dominava il bacino del Kızılırmak. Il palazzo reale era situato sulla collina di Büyükkaya, circondato dal principale nucleo della città.

I re Hatti di Hattuš dovettero affrontare l'espansione dei re "ittiti" (che ancora non erano uniti in un solo regno) provenienti da sudest, e durante la prima metà del XVIII secolo il re Anitta di Kuššara fondò il primo grande regno anatolico precursore del futuro regno ittita[10]. Sulla base del Proclama di Anitta (un testo ittita posteriore, risalente al XVI secolo, che riferisce i fatti di quel tempo) sappiamo che questo sovrano sconfisse il signore di Hattuš (forse Piyušti od un suo successore), distrusse la città e maledisse il suolo della stessa affinché non fosse più ricostruita se non a rischio di incorrere nelle ire del Dio della Tempesta[11]:

(HIT)

«sa-an is-pa-an-di na-ak-ki-it da-a-ah-hu-un / pe-e-di-is-si-ma ZÀ.AH-LI-an a-ne-e-nu-un / ku-is am-me-el a-ap-pa-an LUGAL-us ki-i-sa-ri nu URUHa-at-tu-sa-an a-ap-pa a-sa-a-si na-an ne-pi-sa-as DISHKUR-as ha-az-zi-e-et-tu»

(IT)

«Di notte presi la città con la forza; al suo posto ho seminato erbacce. Se un re dopo di me tentasse di ripopolare Hattush, possa il dio della tempesta colpirlo.»

Reperti archeologici che testimoniano un incendio della città, risalenti al XVIII secolo a.C., corrispondenti, negli scavi, alla fine del livello IVd (8a sul pendio), e alla fine del livello 4 nella città bassa (quindi non solo della zona del Karum, ma di tutta la città), confermano la distruzione della città in quegli anni[12]. Da quel momento, gli Hatti passarono sotto il dominio del popolo indoeuropeo conosciuto con il nome di Ittiti[13].

Antico e Medio Regno (ca. 1750-1350 a.C.)  Rhytà in terracotta a forma di toro, ritrovati a Ḫattuša, risalenti all'antico regno ittita

Durante la prima metà del XVIII secolo il re Anitta di Kuššara fondò il primo grande regno anatolico, precursore del futuro impero ittita[14]; la capitale venne posta a Kaneš, ma il regno fondato da Anitta ebbe vita breve e dopo la sua morte la capitale fu riportata a Kuššara.

Circa un secolo dopo, fu un altro re di Kuššara, Labarna II, a riuscire finalmente a costituire un regno più stabile ed esteso a gran parte dell'Anatolia, spingendo i suoi attacchi fino alla Siria del nord[15]. Questo sovrano ebbe poco riguardo per la maledizione pronunciata da Anitta contro il suolo di Hattuš, e spostò qui la sua capitale, ricostruendo la città e chiamandola Ḫattuša; egli stesso cambiò il suo nome in Hattušili I (cioè: "di Ḫattuša") per sottolineare l'importanza dell'evento[15][16]. Non si hanno particolari su questa ricostruzione, dal momento che non vi sono fonti scritte a riguardo e che molti monumenti del periodo non possono essere restituiti perché distrutti o coperti dalle costruzioni dei secoli successivi. La città si stendeva su Büyükkale, che rimase la sede del palazzo reale, sulla Città Bassa, ma anche su parti della Città Alta, dove sono state portate alla luce costruzioni di quell'epoca[17]; la città mantenne quindi la struttura urbanistica dei tempi del regno di Hatti[16].

Il nipote, figlio adottivo e successore di Hattušili, Muršili I, rese il regno ancora più esteso e potente, arrivando a saccheggiare le capitali di due dei regni più potenti della mezzaluna fertile, Aleppo[18] e Babilonia[19], all'inizio del XVI secolo a.C..

Il successivo re Hantili I fece costruire o ricostruire la cinta muraria, la cui precisa collocazione è però discussa: c'è generale accordo che comprendesse la parte che proteggeva la città bassa e la zona dei palazzi (inclusa nelle mura successive), ma probabilmente comprendeva anche parte delle mura a difesa della città alta[20]. La costruzione di questo primo tratto di mura fu eseguita secondo criteri nuovi, diversi da quelli precedenti e da quelli dei popoli vicini[21]. Poco ci è pervenuto di Ḫattuša negli anni successivi, tranne echi delle lotte e delle usurpazioni che indebolirono il regno, fino alla presa del potere da parte dell'ultimo monarca dell'antico regno, Telipinu, il quale tentò di regolamentare la successione al trono.

 Ḫattuša e i principali regni dell'Anatolia ittita

Con il potere centrale indebolito a causa delle dispute dinastiche, il pericolo maggiore per il regno proveniva dalle incursioni delle popolazioni Kaska (Gasgas nell'illustrazione)[22][23] che vivevano nelle montagne del nord dell'Anatolia e che non furono mai sottomessi dagli Ittiti. Essi causarono la distruzione ed il sacco della città in almeno due occasioni durante la storia dell'impero ittita, costringendo i re a spostare la corte altrove. Ḫattuša era infatti relativamente protetta verso sud, dove il territorio ittita si estendeva fino in Siria, ma più facilmente raggiungibile da nord, dove la frontiera era quasi a ridosso della città[24]. Verso il 1400 a.C., durante il regno di Tudhaliya III, il potere centrale risultò così indebolito e prossimo al collasso[25] che potenti regni vassalli (come Arzawa) si ribellarono ed il re, in seguito al saccheggio della città, fu costretto a spostare la capitale più a est nella città di Samuha, più facile da difendere e da dove poté riorganizzare l'esercito[26].

Dall'apogeo alla caduta del nuovo impero (1350 - 1200 a.C.)  Bassorilievo raffigurante dodici dèi ittiti dell'oltretomba, vicinanze di Yazılıkaya, santuario di Ḫattuša

Il regno ittita fu salvato dal disastro da Šuppiluliuma I, i cui successi militari riposizionarono il regno tra le grandi potenze del Vicino Oriente. Non si sa con certezza se a lui (o già a suo padre Tudhaliya III) si debba il ripristino di Ḫattuša come capitale del regno, però è certo che non ebbe il tempo di avviare i lavori di ricostruzione a causa delle numerose campagne militari in cui fu impegnato, dovendo recarsi ripetutamente a nord per contrastare le incursioni dei Kaska. La fine del regno fu segnata da una terribile pestilenza che devastò tutto l'impero, provocando anche la sua morte[27]. Questi drammatici eventi sono noti dai testi delle preghiere del figlio Muršili II, invocanti la guarigione per il padre[28]. Il nuovo re non ebbe maggiori possibilità del suo predecessore di intraprendere lavori di ricostruzione e ripristino.

 Bassorilievo a Yazılıkaya con l'immagine dell'imperatore Tudhaliya IV 
Karatepe, il dio Tarhunzas

Durante il regno del sovrano successivo, Muwatalli II, la capitale fu trasferita nella città di Tarhuntassa[29]. Questo spostamento fu forse motivato da ragioni religiose: il nuovo re, devoto al dio delle tempeste Tarhunzas, avrebbe preferito risiedere nella città dove sorgeva il suo principale santuario, Tarhuntassa, oltretutto meno vulnerabile agli attacchi nemici rispetto a Ḫattuša. Secondo alcuni[30]la ragione dello spostamento, che incontrò forti opposizioni nella corte, sarebbe da ricercarsi nella consapevolezza del sovrano dello scontro imminente con gli egizi in area siriana e della necessità di una sede più prossima al teatro delle operazioni militari.

L'amministrazione di Ḫattuša fu lasciata al capo degli scribi Mittannamuwa, che assunse il titolo di Grande Scriba (GAL DUB.SAR), sotto il controllo del fratello del re Hattušili (futuro Hattušili III), che ebbe anche il compito di dirigere le operazioni militari ai confini settentrionali del regno[31].

Il fatto che Muwatalli II abbia corso il rischio di affidare compiti così importanti e il comando di forze così ingenti a suo fratello, dimostra l'importanza che Ḫattuša conservava nel regno ittita, anche solo come centro religioso[32]. La città infatti aveva nel corso degli anni gradualmente assunto un assetto diverso, che rifletteva il concetto di regalità e di divinità degli Ittiti, tramite la costruzione di un grande numero di templi e palazzi ed una loro precisa distribuzione urbanistica nella città, che rivela una pianificazione architettonica[33][34]e mediante la disposizione di mura interne alla città. I loro templi si distinguevano per la struttura (erano dedicati a coppie di divinità e presentavano una finestra nel Sancta santorum, a differenza dei templi delle civiltà vicine) e per la disposizione degli edifici, dotati di cortile interno ed esterno[35].

 Il Grande Tempio della Città Bassa

Alla morte di Muwatalli II divenne re suo figlio Urhi-Teshub/Muršili III che riportò la capitale dell'impero a Ḫattuša[36], ma fu ben presto spodestato dallo zio Hattušili III. A lui ed a suo figlio Tudhaliya IV, coadiuvati dalla regina Puduhepa, si deve l'avvio delle grandi opere a Ḫattuša. La Cittadella di Büyükkale ed il Grande Tempio della Città Bassa vennero ripristinati ed ampliati, le mura esistenti furono riparate e ne vennero costruite di nuove che ampliarono in modo significativo la città verso sud, inglobando l'area chiamata Città Alta, se questa non risale a un periodo più antico[20]. Questo settore divenne un importante complesso religioso con la costruzione di ulteriori templi (ben trenta).

Anche il santuario a cielo aperto di Yazilikaya venne sostanzialmente rimaneggiato in quel periodo e divenne il centro dell'introduzione degli dei hurriti Teshub, Hebat e Sharruma nel cuore del paese di Hatti. Il tempio contiene raffigurazioni di due processioni divine, una femminile e una maschile, con numerose immagini di dei; i due cortei convergono verso un pannello centrale raffigurante Teshub e Hebat[37][38].

Questo periodo rappresentò il culmine dello splendore di Ḫattuša, che divenne una capitale monumentale[39].

La fine della capitale e del regno ittita

Durante i regni di Hattusili III e Tudhaliya IV furono intrapresi e completati grandi lavori di ristrutturazione e abbellimento a Ḫattuša. Tutta questa energia profusa nell'edilizia laica e religiosa non era però indice di una prosperità dell'impero che, anzi, era in crisi: Tudhaliya si trovò costantemente impegnato a guerreggiare contro i regni limitrofi (subì anche una sconfitta per opera degli Assiri) e a fronteggiare la ribellione di regni vassalli[40].

Anche la situazione politica interna era grave, con il costante rischio di insurrezioni e tentativi di usurpazione del trono, come lo stesso Tudhaliya scrisse in una preoccupata missiva alla moglie[40]. Suo cugino Kurunta, fratello del detronizzato Muršili III, controllava una parte del regno e, secondo alcuni storici, avrebbe potuto reclamare i suoi diritti al trono. La situazione politica interna era precaria anche a causa della lunga serie di usurpazioni nell'ambito della famiglia reale (caratteristica della storia reale ittita), che aveva aumentato il numero di pretendenti al trono, figli o nipoti di re spodestati[40].

Un terzo problema che si pensa possa aver afflitto il regno, dipendente in parte dai precedenti, sarebbe stato il costante rischio di carestia: il continuo reclutamento di contadini avrebbe ridotto notevolmente la produzione di cereali ed il regno sarebbe diventato sempre più dipendente dalle importazioni dalla Siria e dall'Egitto[40]. Questo avrebbe comportato anche la necessità di mantenere sicure le vie percorse da questi rifornimenti. Questo sarebbe stato il motivo delle operazioni navali condotte da Tudhalia IV e da Šuppiluliuma II, culminate con l'invasione del regno di Alasiya nell'isola di Cipro, forse per contrastare incursioni di pirati[41].

Uno dei misteri che avvolgono la storia di Ḫattuša riguarda il fatto che la città avesse raggiunto l'apice del suo splendore in un periodo di crisi dell'impero, poco prima del suo definitivo tracollo[40]. In mancanza di risposte sicure, si possono solo fare ipotesi per spiegare l'impegno di tante risorse nella sua ristrutturazione. Una è che Hattušili e Tudhaliya, due usurpatori che avevano sottratto il regno ai legittimi discendenti di Šuppiluliuma I, volessero farsi accreditare dal ceto dominante del paese come restauratori delle antiche tradizioni, avendo riportato la capitale del regno a Ḫattuša, resa più bella e sfarzosa[40]. Un'altra ipotesi è che si volessero ostentare con gli alleati (dai cui rifornimenti il regno era sempre più dipendente) uno splendore e una forza che in realtà non c'erano[40].

Šuppiluliuma II, figlio e successore di Tudhaliya IV completò i lavori di costruzione dei suoi predecessori, e lasciò molte iscrizioni nella capitale[42]. Ma fu nel periodo del suo regno che lo splendore di Ḫattuša mostrò tutta la sua fragilità: in pochi anni, all'inizio del XII secolo a.C., il regno ittita si sgretolò, in un contesto internazionale caotico, ancora mal compreso dagli storici. Vari regni del Vicino Oriente antico scomparvero o vennero ridimensionati in questo periodo, definito collasso dell'età del bronzo. La maggior parte dei regni vassalli degli Ittiti in Anatolia e Siria scomparve assieme al potere centrale[42].

Recenti scoperte hanno modificato l'idea che si aveva del destino di Ḫattuša durante gli ultimi anni del regno ittita. Tracce di distruzione dei principali monumenti nei livelli archeologici corrispondenti ai primi anni del XII secolo a.C. dimostrano che la città fu presa e saccheggiata. Si pensava che questo evento avesse segnato la caduta del regno ittita[42], ma in realtà ricerche successive hanno mostrato che Ḫattuša venne abbandonata prima della fine del regno: la corte reale si era probabilmente trasferita di nuovo in un'altra capitale di cui non si conosce la localizzazione per mancanza di fonti, questa volta senza ritornare più a Ḫattuša. Si è infatti scoperto che alcuni templi della città furono svuotati delle loro suppellettili e della loro mobilia più preziosa prima del disastro finale[42] come, forse, il resto della città. Non è chiara invece l'identità degli invasori: la soluzione più ovvia indica i Kaska o, tra i nuovi arrivati, i Frigi, che furono i dominatori di parte dell'antica terra di Hatti nei secoli successivi. L'Impero ittita alla fine scomparve, ma non è ancora chiaro in che modo e in quali circostanze[42].

L'età del ferro (1200 - 330 a.C.)  Statua della dea Cibele ritrovata a Boğazkale, periodo frigio, VI secolo a.C.

Subito dopo la caduta di Ḫattuša e la fine del regno ittita, una piccola parte del sito fu rioccupata da una nuova popolazione che si insediò sulla collina Büyükkaya (molto probabilmente una tribù dei Kaska[nota 1]). La loro cultura materiale era primitiva, non realizzavano ceramiche al tornio e non conoscevano la scrittura, ed erano verosimilmente legati alle culture del nord dell'Anatolia. A poco a poco, altre parti del sito vennero rioccupate, a partire da Büyükkale fino alla città bassa. Durante l'ottavo secolo, la città bassa e Büyükkaya furono progressivamente abbandonate, mentre Büyükkale venne fortificata e fu costruita una cittadella vicino Nişantepe, presumibilmente per contrastare le invasioni di popolazioni nomadi come i Cimmeri. Le popolazioni che occuparono il sito durante i secoli successivi ebbero una cultura materiale tipica dei Frigi, il cui centro d'irradiazione era Gordio nell'Anatolia occidentale: sotto la porta sud-est dell'acropoli è stata ritrovata una statua di notevole fattura della dea Cibele, molto venerata da quella popolazione.

Successivamente, il fiume Halys/Kizilirmak divenne il confine fra la Lidia e la Media e la regione di Ḫattuša passò sotto il dominio di quest'ultima, poi dei Persiani Achemenidi nel VI secolo. In questo periodo la densità abitativa di Boğazkale si ridusse notevolmente e le dimensioni dell'abitato rimasero modeste[46].

Dal periodo ellenistico ad oggi

L'Anatolia passò sotto la dominazione greco-macedone dopo le conquiste di Alessandro Magno nel 330 a.C. circa, evento che segnò l'inizio del periodo ellenistico[46]. Nei primi anni del terzo secolo a.C. il predominio greco-ellenistico terminò per opera di tribù celtiche migrate in Anatolia attraverso i Balcani, i Galati: la regione Boğazkale passò probabilmente sotto il controllo dei Trocmi, una tribù la cui capitale era Tavio, circa 20 chilometri più a sud[46]. Sono state ritrovate ceramiche decorate risalenti a questo periodo, sia con caratteristiche tipiche della cultura dei Galati sia ellenistiche[46]. Durante questo periodo Ḫattuša tornò a essere una cittadella fortificata e abitata solo nella zona della Città Bassa[46].

Verso il 25 a.C., i Galati furono a loro volta conquistati dai Romani, e qualche oggetto e tracce di monumenti di questo periodo sono stati ritrovati nel sito. Dopo il 395 d.C., l'Anatolia divenne parte dell'Impero Romano d'Oriente, ma di questo periodo restano poche tracce a Boğazkale[46].

Fu solo nel decimo e undicesimo secolo dopo Cristo che il sito rifiorì, durante un periodo di crescita economica e demografica dell'Impero bizantino[47]. L'insediamento di questo periodo si trovava per lo più nella Città Alta , in misura minore nella Città Bassa[46]. La collina di Sarikale fu protetta da mura, e probabilmente divenne residenza di un governatore locale[46]; sono state ritrovate una chiesa ed alcune tombe risalenti a questo periodo. A giudicare dalle monete ritrovate sul posto, l'occupazione bizantina si interruppe intorno al 1071 d.C., dopo che i Bizantini furono sconfitti dai turchi Selgiuchidi a Manzikert[46].

 Vista del Grande Tempio della Città Bassa e del villaggio di Boğazkale

Dalla fine dell'XI secolo d.C. l'Anatolia centrale passò sotto il dominio turco e l'area di Ḫattuša rimase scarsamente abitata per la maggior parte di questo periodo. Una popolazione di origini turkmene si stabilì nella regione nel XVI secolo d.C., insediandosi ai piedi dell'antica capitale ittita, in un villaggio chiamato Boğazköy ('villaggio della gola'), oggigiorno Boğazkale ('fortezza della gola')[46].

^ a b c d e f g h i j Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore DAI2 ^ Schachner, p. 109. ^ (EN) Jurgen Seeher, Hattusha Guide: A Day in the Hittite Capital, Ege Yayinlari, 2006, ISBN 978-9758071456.. ^ Michel. ^ Schachner, p. 112. ^ a b Dercksen, pp. 39-66. ^ Paléo-assyrien, su Chroniques assyriologiques. URL consultato il 28 agosto 2014.
«Gli archivi del mercante Daya (18 testi, 12 lettere, 2 protocolli, 3 accordi di prestito, 1 ordine), che era in rapporti di affari con Nabi-Enlil, sono stati trovati in Ḫattuša e dimostrano l'importanza commerciale dei tessuti provenienti da Assur.»
^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore trade ^ Silvia Gabrieli e Lucio Milano, Tesi di laurea: Gli archivi nel Vicino Oriente Antico, su venus.unive.it, Università Ca' Foscari, 2010. URL consultato il 18 luglio 2014 (archiviato dall'url originale il 22 febbraio 2014).. ^ Bryce, pp. 35-40. ^ (EN) The Proclamation of Anittas (Old Hittite), su lrc.la.utexas.edu. URL consultato il 29 ottobre 2022. ^ Bryce, pp. 33-42. ^ Bryce, p. 43. ^ Bryce, pp. 68-69. ^ a b Bryce. ^ a b Schachner, p.114. ^ (DE) A. Schachner et al., Die Ausgrabungen in Boğazköy-Ḫattuša 2008, in Archäologischer Anzeiger, n. 1, 2009, pp. 23-40.. ^ KBo III 57 (CTH 11) 10-15: "Egli (Muršili I) uscì contro Aleppo per vendicare il sangue di suo padre. Hattušili aveva assegnato Aleppo a suo figlio (perché lo affrontasse). A lui il re di Aleppo fece ammenda.". ^ Proclama di Telepinu §§9-10, i 29-31: "Poi andò contro Babilonia e distrusse Babilonia sbaragliando gli Hurriti e portando a Ḫattuša i prigionieri e i beni di Babilonia". Cronache di Babilonia, 20 riga 11: "Al tempo di Samsuditana gli Ittiti marciarono contro Akkad". ^ a b (EN) Z. Simon, When were the fortifications of the Upper City of Hattuša built? », in Anatolica, XXXVII, 2011, pp. 239-249.. ^ Schachner, p.116. ^ (EN) Kaska (ancient Anatolian people), in Enciclopedia Britannica online.
«Kaska, also spelled Kashku, or Gasga, member of an ancient Anatolian people who inhabited the remote valleys between the northern border of the Hittite kingdom and the Black Sea.»
.
^ Who were the KAŠKA?. ^ Bryce, p. 35. ^

«O almeno questa era la convinzione del faraone Amenhotep III [...] che fece aperture diplomatiche al re di Arzawa, Tarhuna-Radu, (avversario dell'impero ittita) [...] «Ho saputo che tutto è finito e che il paese di Ḫattuša è paralizzato» (da una delle lettere di Amarna).»

^ Bryce, pp. 145-148. ^ Bryce, pp. 205-207. ^ Giuseppe Del Monte, 2a preghiera per la peste di Mursili II (CTH 378 II) (PDF), in Antologia della letteratura ittita, Pisa, Servizio editoriale universitario di Pisa, 2003, pp. 134-141.
«C I 1-18

Tarhunta di Ḫattuša, mio signore, [e voi, divinità di Ḫattuša], miei signori! Mi ha inviato Mursili, [il re], vostro servo, dicendo: «Va e dì così a Tarhunta di Ḫattuša, mio signore, e agli dèi miei signori: (Cosa è) questo che avete fatto? Avete lasciato entrare nella terra di Ḫattuša la pestilenza!

La terra di Ḫattuša è stata oppressa con grande violenza dalla pestilenza: si moriva in massa al tempo di mio padre e di mio fratello e tuttora, dacché io son diventato sacerdote degli dèi, ai miei giorni si muore in massa». Questo è il ventesimo anno che si muore nella terra di Ḫattuša e la pestilenza non si raccoglie affatto via dalla terra di Ḫattuša! E io non supero l'angoscia del cuore, non supero più la prostrazione del corpo.»
.
^ Per lungo tempo non si è avuta certezza sulla sua esatta collocazione, benché dai testi a noi pervenuti fosse chiaro che si dovesse trovare nell'area centro meridionale della penisola anatolica, finché nel 2007 alcuni ricercatori turchi hanno annunciato di averla identificata nel sito di Hatip, nei pressi della città di Konya in Cilicia. H. Bahar, T. Can e F. Iscan, The land and the City of Tarhuntassa geodetic researches about it; pag.1. ^ Tra cui Bryce ^ Bryce, pp. 231-232. ^ Bryce, pp. 232-233. ^ Gli Ittiti definivano se stessi anche come "il popolo dei mille dei" ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Milledei ^ Schachner, pp. 116-117. ^ Bryce, pp. 253-254. ^ Schachner, pp. 117-118. ^ D'Amore, p. 264. ^ Bryce, pp. 324-325. ^ a b c d e f g Trevor Bryce, The Last Days of Ḫattuša (The Mysterious Collapse of the Hittite Empire), in Archaeology Odyssey, 8:01, 2005.. ^ (EN) H.G. Güterbock, The Hittite Conquest of Cyprus Reconsidered; traduzione di KBo 12 38 (CTH 121), in Journal of Near Eastern Studies JNES, n. 26, 1967, pp. 73-81.. ^ a b c d e Bryce, pp. 340-346. (DE) J. Seeher, Die Zerstörung der Stadt Hattuša, a cura di G. Wilhelm, Akten des IV. Internationalen Kongresses für Hethitologie, Wiesbaden, 2001, pp. 623-634.. A.Bemporad, Considerazioni sulla fine dell'Impero ittita, in KASKAL, n. 3, 2006, pp. 69-80.. Itamar Singer, pp. 21-33. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Pollath ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Hitomi ^ a b Who were the Kaska?, p. 170. ^ a b c d e f g h i j (EN) storia di Ḫattuša nel sito della spedizione archeologica tedesca, su hattuscha.de. URL consultato il 20 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 3 agosto 2012).. ^ (DE) P. Neve, Bogazköy-Ḫattuša in byzantinischer Zeit, a cura di V. Kravari, J. Lefort et C. Morrisson, Hommes et richesses dans l'Empire byzantin, Paris, 1991, pp. 91-111..


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