Ponte Vecchio è un ponte storico sul fiume Arno a Firenze. Il ponte collega via Por Santa Maria (angolo lungarno degli Acciaiuoli e lungarno degli Archibusieri) a via de' Guicciardini (angolo borgo San Jacopo e via de' Bardi).

La denominazione fu conferita a quello che era il più antico ponte fiorentino nel momento in cui fu costruito il ponte alla Carraia, detto allora "ponte Nuovo" in contrasto con il pons Vetus. Oltre il valore storico, il ponte nel tempo ha svolto un ruolo centrale nel sistema viario cittadino, a partire da quando un ponte più antico in questo punto (o in prossimità) collegava la Florentia romana con la via Cassia Nuova voluta dall'imperatore Adriano nel 123 d.C.

In epoca contemporanea, nonostante sia stato chiuso al traffico veicolare, il ponte è percorso da un notevole flusso pedonale generato sia dalla notorietà del luogo stesso che dal fatto che collega luoghi di elevato interesse turistico sulle due rive del fiume: piazza del Duom...Leggi tutto

Ponte Vecchio è un ponte storico sul fiume Arno a Firenze. Il ponte collega via Por Santa Maria (angolo lungarno degli Acciaiuoli e lungarno degli Archibusieri) a via de' Guicciardini (angolo borgo San Jacopo e via de' Bardi).

La denominazione fu conferita a quello che era il più antico ponte fiorentino nel momento in cui fu costruito il ponte alla Carraia, detto allora "ponte Nuovo" in contrasto con il pons Vetus. Oltre il valore storico, il ponte nel tempo ha svolto un ruolo centrale nel sistema viario cittadino, a partire da quando un ponte più antico in questo punto (o in prossimità) collegava la Florentia romana con la via Cassia Nuova voluta dall'imperatore Adriano nel 123 d.C.

In epoca contemporanea, nonostante sia stato chiuso al traffico veicolare, il ponte è percorso da un notevole flusso pedonale generato sia dalla notorietà del luogo stesso che dal fatto che collega luoghi di elevato interesse turistico sulle due rive del fiume: piazza del Duomo, piazza della Signoria da una parte con l'area di palazzo Pitti e di Santo Spirito nell'Oltrarno.

Il ponte appare nell'elenco redatto nel 1901 dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, quale edificio monumentale da considerare patrimonio artistico nazionale.

In questo sito, più o meno, si trova il più antico attraversamento dell'Arno di Firenze, risalente probabilmente all'epoca romana, se non anteriore. Distrutto più volte dalle alluvioni, il ponte attuale risale al 1339-1345 circa, e fu per secoli la seconda struttura più antica a varcare il fiume in città, dopo il ponte di Rubaconte, anteriore di quasi un secolo. Tuttavia quest'ultimo, già pesantemente ricostruito nel XIX secolo, venne fatto saltare in aria nel 1944: da allora il ponte Vecchio è tornato ad essere il più antico ponte cittadino.

Preesistenze

Il primo attraversamento sull'Arno doveva trovarsi in corrispondenza di un antichissimo guado, leggermente più a monte dell'odierno ponte, sulla prosecuzione del cardo maximo delle attuali via Roma-via Calimala, ovvero nell'attuale piazza del Pesce. Doveva risalire a poco dopo la fondazione della città, ovvero alla metà del I secolo a.C., e avere un andamento obliquo rispetto alla corrente, per meglio sostenere la spinta delle piene. Sondaggi effettuati nell'alveo del fiume alla fine degli anni cinquanta hanno infatti rinvenuto due larghe fondazioni in calcestruzzo riferibili in tutta probabilità al primo ponte romano.[1]

Tale passerella dovette essere consolidata e allargata verso il 123, quando Adriano promosse la costruzione della via Cassia Nuova, che attraversava la città e che corrispondeva verosimilmente, sulla sponda sud, alle vie de' Bardi e di San Niccolò. Il ponte aveva già forse piloni in muratura, mentre la travatura doveva essere, come di consueto, in legno. Il primo ponte romano dovette andare distrutto verso il VI-VII secolo, per l'incuria e le guerre dell'epoca barbarica, oltre che per probabili danni legati ad alluvioni[2].

Difficile è ipotizzare quanti ponti altomedievali siano stati travolti dalle frequenti inondazioni dell'Arno e quanti ricostruiti. Tra le scarse tracce documentarie ne esiste una del 972 in cui il vescovo Sichelmo conferiva a padre Domenico d'Orso la chiesa di Santa Felicita "non lunge da capo di ponte de fluvio Arno". Giovanni Villani parlò di un ponte costruito sotto Carlo Magno, verosimilmente in legno, ed è forse nel IX o X secolo che l'attraversamento ebbe la posizione attuale.[3]

Il primo ponte  Dettaglio della lapide trecentesca che ricorda la ricostruzione del ponte

Sicuramente un ponte nelle attuali posizioni venne rifatto dopo un crollo del 1177, come riportano Giovanni Villani e Marchionne di Coppo Stefani, legato alla prima alluvione del fiume Arno di cui si abbiano notizie certe (avvenuta il 28 ottobre o, secondo una fonte più tarda, il 4 novembre)[4]. In quell'occasione venne travolto e ripescato il mozzicone di statua detta di Marte, a cui accenna anche Dante (Inferno XIII, 144), più verosimilmente di un re barbaro, forse Teodorico o Totila, poiché Villani la ricorda come "equestre".

Studi novecenteschi sui resti nelle testate e nei piloni dimostrano che esso poggiava su residui più antichi, come travi in rovere della seconda metà del X secolo, e che aveva cinque arcate.

Danneggiato da alluvioni nell'inverno del 1200 e nell'estate del 1250, fu interessato anche da incendi nel 1222, nel 1322 e nel 1331, finché non fu spazzato via dall'alluvione del 4 novembre 1333, una delle più violente che si ricordino in città[2]. Fu allora che la statua di Marte, considerata come una specie di palladio cittadino, fu smarrita per sempre[5].

Il ponte trecentesco  Ipotetico aspetto del Ponte Vecchio nel XV secolo, olio di Fabio Borbottoni

La successiva ricostruzione prese avvio attorno al 1339 - su un progetto che variamente si tende a ricondurre o a Taddeo Gaddi (secondo la testimonianza di Giorgio Vasari), o a Neri di Fioravante (in virtù del fatto che questi in quegli anni era Capomastro della Signoria), o a fra' Domenico da Campi (che da poco aveva ricostruito il ponte alla Carraia) - per concludersi nel 1345, come attestano due lapidi poste in quell'occasione e ancora esistenti[2].

Il nuovo ponte, a tre arcate, si doveva caratterizzare originariamente per la presenza di quattro edifici lineari e merlati posti ai quattro capi, con una piazzetta centrale: le merlature definivano altrettanti ballatoi ai quali si accedeva da quattro porte poste sullo slargo (ancora esistenti) e da altre due porte (oggi scomparse) ubicate ai capi verso Por Santa Maria; dal lato di Oltrarno gli edifici del ponte erano in aderenza dal lato di via de' Bardi con le case e la torre dei Mannelli, dal lato di Borgo San Jacopo con gli edifici detti poi della Commenda del Santo Sepolcro[2].

Le arcate sotto i ballatoi (il cui profilo è ancora visibile in alcuni tratti interni), si andarono poi a riempire di piccoli e variati edifici su ambo i lati, a sostituire gradualmente strutture temporanee in legno e altri materiali usate dai venditori di mercato minuto. Queste costruzioni, già presenti in forma diversa nel Trecento, furono destinate nel 1442 dall'amministrazione cittadina ad uso delle botteghe dei verdurai e dei beccai (macellai), per la possibilità di disperdere nel fiume gli scarti. Nel 1495 quarantotto botteghe furono vendute dal Comune a privati e ad enti laici e religiosi che, forti dei loro diritti, le ampliarono per lo più con aggetti dalla parte del fiume, determinando una decisa alterazione del disegno originario del ponte[6].

Il corridoio del Vasari

Nel 1565 l'architetto Giorgio Vasari costruì per Cosimo I il "corridoio vasariano", con lo scopo di mettere in comunicazione il centro politico e amministrativo a Palazzo Vecchio con la dimora privata dei Medici, Palazzo Pitti. Il corridoio sopraelevato, lungo circa 760 metri e costruito in soli cinque mesi, determinò un ulteriore elemento di rottura del disegno unitario dei fronti, passando sul lato est del ponte al di sopra delle botteghe[2].

Le botteghe dei macellai furono poi occupate da orafi e gioiellieri per ordine di Ferdinando I con un decreto del 27 settembre 1594, per evitare un commercio poco nobile e con odori sgradevoli sotto le finestre del corridoio sospeso.[7]

 Ponte Vecchio nel 1909Sette e Ottocento

Al Settecento risale l'uso delle caratteristiche mostre sporgenti sulla carreggiata, dette "madielle", mentre dell'Ottocento sono alcuni interventi di riconfigurazione delle mostre dei negozi, così come un progetto complessivo dovuto all'architetto Giuseppe Martelli per trasformare la via interna in galleria coperta e regolarizzare il fronte con gli sporti (1856-1857, mai attuato)[2].

Tale progetto, che riprendeva una proposta già formulata nel 1841 dall'ingegnere comunale Giuseppe Casini, consisteva in una ipotesi di trasformazione della via interna in una galleria chiusa da due falde in ferro e vetro, con le botteghe rigorosamente allineate e inquadrate da lesene corinzie, il tutto sormontato da una terrazza continua sorretta da mensole decorate a foglie d'acanto. Il passaggio coperto, introdotto dal loggiato del corridoio vasariano presente lungo il lungarno degli Archibusieri, sarebbe poi dovuto continuare lungo via Guicciardini con un altro porticato, fino a palazzo Pitti e quindi al Museo di Fisica. Nonostante il progetto avesse ricevuto la regia approvazione nel 1856 e fosse stato reso operativo nel 1857, quindi nuovamente sollecitato dall'architetto Martelli nel 1862, non trovò mai realizzazione se non nel frammento della mostra della bottega al 16 rosso, come ricorda un'iscrizione ivi presente, da leggere come elemento seriale completo e da reiterare - secondo gli auspici dell'architetto - per tutta la lunghezza del ponte[2].

Non trovò nemmeno esito il progetto di demolire le casette, avvertite essenzialmente come 'sopredificazioni' abusive, un po' come era stato fatto dal 1883 nel vicino lungarno degli Archibusieri[2].

Prima metà del Novecento  Gli edifici su via de' Bardi devastati e Ponte Vecchio risparmiato dalle mine, foto di Federico Patellani, 1945

Nel 1938 Mussolini fece realizzare sul corridoio vasariano delle ampie finestre panoramiche al centro del ponte, in occasione della visita ufficiale di Adolf Hitler il 9 maggio di quell'anno per stringere l'Asse fra Italia e Germania[2].

A seguito della ritirata delle truppe tedesche durante la campagna d'Italia, questo fu l'unico ponte di Firenze che non venne fatto saltare dai tedeschi nel 1944 nel corso della seconda guerra mondiale. La decisione di non farlo crollare è stata attribuita dalla storiografia alle gerarchie tedesche (su decisione di Hitler con l'intercessione del console tedesco Gerhard Wolf)[8] che, pur senza far saltare il ponte, lo avevano comunque reso inagibile danneggiando la sponda e le case circostanti, tecnica già usata a Roma e Parigi.[9] Nel 2016, in seguito al racconto di una testimone, si è diffusa una ricostruzione alternativa secondo la quale alcuni orafi sabotarono gli ordigni tagliandone i fili: la notte tra il 3 e il 4 agosto del 1944, Burgassi (chiamato da tutti Burgasso) aiutante degli orafi lasciato libero di circolare in quanto i tedeschi pensavano non capisse niente, vecchio e menomato fisicamente dalla poliomielite ma dalla mente lucida, assistette alla posa delle mine. Avendo visto tutto, avrebbe saputo dove erano gli allacciamenti delle mine e le indicò per disinnescarle.[10] Entrambe le ricostruzioni non dispongono di fonti incontrovertibili, sebbene la prima sia storiograficamente quella più accreditata, anche perché non avrebbe avuto senso minare così pesantemente le vie circostanti, cosa che non era avvenuta per nessun altro ponte sull'Arno[9].

Il ponte venne quindi risparmiato a discapito di ampie zone limitrofe: vennero praticamente rasi al suolo via Por Santa Maria e il lungarno Acciaiuoli a nord, borgo San Jacopo, via Guicciardini e il primo tratto di via de' Bardi a sud. Come immortalato in un episodio del film Paisà di Roberto Rossellini, il passaggio superstite sul corridoio vasariano, sul finire della Seconda guerra mondiale, era praticamente l'unico punto di attraversamento nord-sud della città[11].

Restauri recenti  I danni dell'alluvione del 1966

Dopo la seconda guerra furono condotte dal Provveditorato alle Opere Pubbliche importanti opere di consolidamento all'insieme della struttura, precedute da studi e verifiche già commissionate nel 1949 a una commissione formata dai massimi esperti del momento (ingegneri Luigi Sabatini, Giulio Krall e Sisto Mastrodicasa) e seguite dall'apertura del cantiere nel 1960, condotto con la consulenza esterna del professor Letterio F. Donato[2].

Durante l'alluvione del 4 novembre 1966 il ponte fu nuovamente danneggiato e subito dopo interessato da ulteriori opere di restauro (1967-1968) seguite da un cantiere di consolidamento della struttura con particolare riferimento ai piloni e alla platea (1978-1979)[2].

Pur conoscendo significative trasformazioni in relazione ai singoli edifici, il ponte ha mantenuto sostanzialmente la sua immagine medioevale e pittoresca, con i piccoli e variati edifici che lo segnano su ambo i lati, sormontati dal lato a monte dal corridoio vasariano, a costituire sull'acqua una vera e propria via di città[2].

^ Guerrieri, p. 10 ^ a b c d e f g h i j k l Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore PAO ^ Paolini, p.23 ^ Si veda Giovanni Cavina, Le grandi inondazioni dell'Arno attraverso i secoli, Bonechi Editore, Firenze 1969, pp. 51 e ss. ^ Bargellini-Guarnieri, cit. ^ Guerrieri, p. 40 ^ Paolini, p. 35 ^ Chiara Dino, Ponte Vecchio racconta: quante paure, e i tedeschi..., Corriere Fiorentino, 17 ottobre 2016 ^ a b come ricostruito dallo storico Sandro Rogari. Si veda: Chiara Valentini, Burgasso, che voleva bene a Firenze, Toscana TV, 27 ottobre 2016 ^ Una lettera inedita sfata la leggenda su come il führer avesse risparmiato il ponte su repubblica.it ^ Guerrieri, p. 50
Fotografie di:
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