Tempio di Saturno

Il tempio di Saturno fu edificato nel Foro Romano a Roma nei primi anni dell'età repubblicana e subì numerosi restauri fino al tardo IV secolo. Si trova ai piedi del Campidoglio, a sud-ovest dei Rostra imperiali.

Il Tempio di Saturno è il più antico luogo sacro di Roma dopo il Tempio di Vesta e quello di Giove[senza fonte], anche se non esiste accordo sulla data in cui fu consacrato a Saturno.[1]

Per una versione fu consacrato da Tullo Ostilio,[1], per un'altra fu consacrato sotto il consolato di Aulo Sempronio Atratino e Marco Minucio Augurino[2] nel 497 a.C.,[3] sul luogo dove i Romani credevano che Ercole avesse dedicato un'ara al dio.[4]

Ancora per un'altra fonte la sua costruzione dovette essere già iniziata nel periodo regio, con l'inaugurazione nei primissimi anni della Repubblica. La data della prima consacrazione oscilla infatti, secondo gli studiosi, tra il 501 e il 498 a.C.: Macrobio riporta come votato (promesso in voto) dal re Tarquinio il Superbo e dedicato da Tito Larcio (dittatore in entrambe le date)[5].

Altre fonti[senza fonte] lo attribuiscono ad un Lucio Furio, ma si tratta forse di un restauro agli inizi del IV secolo a.C. in seguito alle distruzioni dell'incendio gallico.

 Posizione del tempio

Un totale rifacimento dell'edificio si ebbe a partire dal 42 a.C. ad opera del console Lucio Munazio Planco, con il bottino del suo trionfo sulla popolazione alpina dei Reti, o secondo altre fonti col bottino di guerra preso in Siria .[6]

«Lucio Munazio Planco, figlio di Lucio, nipote di Lucio, pronipote di Lucio, console, censore, comandante militare vittorioso per due volte, uno dei Septemviri epulones, trionfatore dei Reti, costruì col suo bottino il Tempio di Saturno, divise i campi in Italia a Benevento, fondò in Gallia le colonie di Lugdunum e Raurica»

[6]

Dopo l'incendio di Carino del 283 d.C. dovette di nuovo essere restaurato.[senza fonte]

La cella del tempio, grazie a testimonianze dell'epoca, nel XV secolo era ancora intatta; successivamente il tempio rimase sepolto, fino a quanto non fu riportato alla luce nel XIX secolo, durante gli scavi che interessarono grande parte del Foro.[4]

^ a b A Topographical Dictionary of Ancient Rome, Londra, Oxford University Press, 1929. URL consultato il 17 gennaio 2023. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, VI, 1 ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri,II, 21. ^ a b Christian Hülsen, Il Foro Romano — Storia e Monumenti, Ermanno Loescher & Co, 1905. URL consultato il 15 gennaio 2023. ^ Macrobio, Saturnalia, I.8.1 ^ a b CIL X, 6087
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