Paestum

Paestum, fino al 1926 Pesto, è un'antica città della Magna Grecia, chiamata dai Greci Poseidonia in onore di Poseidone, ma devotissima ad Atena ed Era. Dopo la sua conquista da parte dei Lucani venne chiamata Paistom, per poi assumere, sotto i Romani, il nome di Paestum. L'estensione del suo abitato è ancora oggi ben riconoscibile, racchiuso dalle sue mura greche, così come modificate in epoca lucana e poi romana.

Si trova in Campania, in provincia di Salerno, come frazione del comune di Capaccio Paestum, circa 40 km a sud di Salerno (97 km a sud di Napoli); è situata nella piana del Sele, vicino al litorale, nel golfo di Salerno, a nord del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni; la località, nelle vicinanze della quale si annoverano Capaccio Scalo e Lido di Paestum, è servita dalla omonima ...Leggi tutto

Paestum, fino al 1926 Pesto, è un'antica città della Magna Grecia, chiamata dai Greci Poseidonia in onore di Poseidone, ma devotissima ad Atena ed Era. Dopo la sua conquista da parte dei Lucani venne chiamata Paistom, per poi assumere, sotto i Romani, il nome di Paestum. L'estensione del suo abitato è ancora oggi ben riconoscibile, racchiuso dalle sue mura greche, così come modificate in epoca lucana e poi romana.

Si trova in Campania, in provincia di Salerno, come frazione del comune di Capaccio Paestum, circa 40 km a sud di Salerno (97 km a sud di Napoli); è situata nella piana del Sele, vicino al litorale, nel golfo di Salerno, a nord del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni; la località, nelle vicinanze della quale si annoverano Capaccio Scalo e Lido di Paestum, è servita dalla omonima stazione ferroviaria.

Nel 2021 ha fatto registrare oltre 216 000 visitatori.

Preistoria  Vaso della cultura del Gaudo

L'area successivamente occupata dalla città è stata abitata fin dall'epoca preistorica. Ad oriente della Basilica, nell'area prospiciente l'ingresso, sono stati rinvenuti manufatti databili dall'età paleolitica fino all'età del bronzo; a sud di essa, verso Porta Giustizia, sono stati scoperti i resti di capanne, a testimonianza dell'esistenza di un abitato preistorico.

Nell'area del Tempio di Cerere, e tra questo e Porta Aurea, sono emerse attestazioni archeologiche che documentano uno stanziamento di età neolitica: poiché sia la Basilica che il Tempio di Cerere si trovano su due lievi alture - probabilmente in epoca preistorica più accentuate - si può immaginare che fossero occupate da due villaggi, separati da un piccolo torrente che scorreva dove oggi si trova il Foro[1]. Forse in epoca eneolitica le due alture furono abitate dalla popolazione di origine egeo-anatolica appartenente alla facies della Civiltà del Gaudo, che poi scelse come luogo privilegiato per le sue sepolture la località Gaudo, situata a 1,4 chilometri a nord di Paestum.

Fondazione  Moneta incusa di Poseidonia (530-500 a.C.), con Poseidone e la sigla ΠΟΣ (=POS<eidonia>)

La fonte letteraria principale sulla fondazione di Poseidonia è costituita da un passo di Strabone[2], che la mette in relazione con la polis di Sibari. L'interpretazione di questo passo è stata lungamente discussa dagli studiosi. Sulla base delle evidenze archeologiche raccolte finora, l'ipotesi più valida sembra essere quella secondo cui la fondazione della colonia sarebbe avvenuta in due tempi: al primo impianto, consistente nella costruzione di una fortificazione ("teichos") lungo la costa, sarebbe seguito l'arrivo in massa dei coloni e la fondazione vera e propria ("oikesis") della città.[3]

In base ai dati archeologici si può tentare una ricostruzione del quadro che portò alla nascita della città, verso la metà del VII secolo a.C., la città di Sibari iniziò a fondare una serie di sub-colonie lungo la costa tirrenica, con funzioni commerciali: tra esse si annoverano Laos[4] ed uno scalo, il più settentrionale, presso la foce del Sele, dove venne fondato un santuario dedicato ad Hera, con valenza probabilmente emporica[5]. I Sibariti giunsero nella piana del Sele tramite vie interne che la collegavano al Mare Ionio.

Grazie ad un intenso traffico commerciale che avveniva sia per mare - entrando in contatto con il mondo greco, etrusco e latino[6] - sia via terra - commerciando con le popolazioni locali della piana e con quelle italiche nelle vallate interne - nella seconda metà del VII secolo a.C. si sviluppò velocemente l'insediamento che poi dovette dar luogo a Poseidonia, evento accelerato certamente anche da un preciso progetto di inurbamento. Una necropoli, scoperta nel 1969 subito al di fuori delle mura della città, contenente esclusivamente vasi greci di fattura corinzia, attesta che la polis doveva essere in vita già intorno all'anno 625 a.C.

Età greca: Poseidonia  Il sacello sotterraneo, l'Heroon. Dettaglio di una parte della cosiddetta "Tomba del Tuffatore", raro esempio di sepoltura greca affrescata.

Dal 560 a.C. al 440 a.C. si assiste al periodo di massimo splendore e ricchezza di Poseidonia. Tale apice fu dovuto a diversi fattori, alcuni dei quali si possono ravvisare, ad esempio, nella diminuzione dell'influenza etrusca sulla riva destra del Sele nella prima metà del VI secolo a.C.[7]. Con l'allentarsi della presenza etrusca si dovette creare un vuoto di potere ed economico nella zona a nord del Sele[8], vuoto di cui non poté non avvantaggiarsi Poseidonia.

A tale evento seguirono altri due tragici accadimenti: la distruzione della città di Siris (corrispondente all'attuale Policoro) sul Mar Ionio, da parte di Crotone, Sibari e Metaponto[9]; e la distruzione di Sibari stessa nel 510 a.C., ad opera di Crotone. L'esplosione di benessere e di ricchezza, che si riscontra a Poseidonia in coincidenza con quest'ultimo avvenimento, fa sospettare che buona parte dei Sibariti, fuggiti dalla città distrutta, dovettero trovare rifugio nella loro sub-colonia, portandovi le proprie ricchezze. Ascrivibile al medesimo periodo è la costruzione di un monumentale sacello sotterraneo: potrebbe trattarsi di un cenotafio dedicato ad Is, mitico fondatore di Sibari, edificato a Poseidonia dai profughi Sibariti. Nello stesso arco cronologico, a distanza di cinquant'anni l'uno dall'altro, vengono eretti anche la cosiddetta Basilica (560 a.C. circa), il Tempio cosiddetto "di Cerere", ma in realtà consacrato ad Atena[10] (510 a.C. circa) ed il Tempio cosiddetto "di Nettuno" (460 a.C. circa).

Età lucana: Paistom  Affresco di una tomba lucana proveniente da Paestum.

In una data collocabile tra il 420 a.C. e 410 a.C., i Lucani presero il sopravvento nella città, mutandone il nome in Paistom. A parte sporadici riferimenti nelle fonti, non si conoscono i particolari bellici della conquista lucana, probabilmente perché non dovette trattarsi di una conquista repentina. È un processo che è possibile riscontrare in altre località (ad esempio nella non distante Neapolis), dove vi fu una lenta, graduale, ma costante infiltrazione dell'elemento italico, dapprima richiamato dagli stessi Greci per i lavori più umili e servili, per poi divenir parte della compagine sociale mediante il commercio e la partecipazione alla vita cittadina, fino a prevalere e a sostituirsi nel potere politico della città.

Sebbene letterati e poeti greci riportino il rimpianto dei Poseidoniati per la perduta libertà e per la decadenza della città, l'archeologia testimonia che il periodo di splendore proseguì ben oltre la "conquista" lucana, con la produzione di vasi dipinti (talora firmati da artisti di prim'ordine quali Assteas, Python e il Pittore di Afrodite), con sepolture copiosamente affrescate e preziosi corredi tombali. Tale ricchezza doveva derivare in larga misura dalla fertilità della piana del Sele, ma anche dalla produzione stessa di oggetti di grande qualità, parte cospicua di quei commerci instauratisi durante il periodo precedente. Neanche il carattere greco della città scomparve del tutto, come attestano, oltre la produzione dei vasi dipinti, anche la costruzione del bouleuterion e la monetazione, che preservò le sue prerogative elleniche.

Breve parentesi fu aperta nel 332 a.C., quando Alessandro il Molosso, re dell'Epiro - giunto in Italia su richiesta di Taranto in difesa contro Bruzi e Lucani - dopo aver riconquistato Eraclea, Thurii, Cosentia, giunse a Paistom. Qui si scontrò con i Lucani, sconfiggendoli e costringendoli a cedergli degli ostaggi. Ma il sogno del Molosso di conquistare l'Italia meridionale ebbe breve durata: la parentesi si chiuse nel 331 a.C., con la sua morte in battaglia presso Pandosia. Paistom ritornò così sotto il dominio lucano.

Età romana: Paestum  Struttura a pilastri con piscina, forse santuario della Fortuna Virile L'anfiteatro

Nel 273 a.C. Roma sottrasse Paistom alla confederazione lucana, vi insediò una colonia di diritto latino e cambiò il nome della città in Paestum. I rapporti tra Paestum e Roma furono sempre molto stretti: i pestani erano socii navales dei Romani, alleati che in caso di bisogno dovevano fornire navi e marinai. Le imbarcazioni che Paestum e la non lontana Velia fornirono ai Romani dovettero probabilmente avere un peso rilevante durante la Prima Guerra Punica. Durante la Seconda Guerra Punica Paestum rimase fedele alleata di Roma: dopo la battaglia di Canne, addirittura offrì a Roma tutte le patere d'oro conservate nei suoi templi. La generosa offerta fu rifiutata dall'Urbe, che però non disdegnò, invece, le navi cariche di grano grazie alle quali i Romani assediati da Annibale entro le mura di Taranto poterono resistere. Come ricompensa della sua fedeltà, a Paestum fu permesso di battere moneta propria, in bronzo, fino ai tempi di Tiberio: tale conio si riconosce per la sigla "PSSC" (Paesti Signatum Senatus Consulto).

Sotto il dominio romano vennero realizzate importanti opere pubbliche, che mutano il volto dell'antica polis greca: il Foro andò a sostituire l'enorme spazio dell'agorà e ridusse l'area del santuario meridionale; il cosiddetto "Tempio della Pace", probabilmente il Capitolium; il santuario della Fortuna Virile; l'anfiteatro. Anche l'edilizia privata rispecchia il benessere di cui Paestum dovette godere in tale periodo, benché fossero state realizzate due importanti arterie di comunicazione interne, la via Appia e la Via Popilia, che di fatto tagliavano la città fuori dalle grandi rotte commerciali: la prima collegando Roma direttamente all'Adriatico e di qui all'Oriente, la seconda attraversando la Magna Grecia lungo un percorso lontano dalla costa.

La città conobbe un fenomeno di cristianizzazione relativamente precoce: sono infatti documentati martirii al tempo di Diocleziano. Nel 370 d.C. un pestàno, Gavinio, vi portò il corpo dell'apostolo San Matteo, poi trasferito a Capaccio Vecchio ed infine a Salerno.

Il tramonto

Il geografo Strabone riporta che Paestum era resa insalubre da un fiume che scorreva poco distante e che si spandeva fino a creare una palude. Si tratta del Salso, identificato con Capodifiume, corso d'acqua che tuttora fluisce a ridosso delle mura meridionali, dove, in corrispondenza di Porta Giustizia, è scavalcato da un ponticello databile al IV secolo a.C. Probabilmente dovette iniziare ad impaludarsi l'area circostante la parte sud-occidentale dell'insediamento, in quanto il fiume non riusciva più a defluire normalmente a causa del progressivo insabbiamento della foce e del lido che doveva trovarsi non distante da Porta Marina. È possibile notare come i pestani cercassero di correre ai ripari e difendersi da questa calamità, innalzando i livelli delle strade, sopraelevando le soglie delle case, realizzando opere di canalizzazione a quote sempre maggiori. Caratteristica delle acque del Salso, ricordata da Strabone, era quella di pietrificare in breve tempo qualsiasi cosa, essendo ricchissime di calcare.

Riscoperta solamente nel 2020, ma nota da prima dell'Ottocento è l'esistenza di una galleria lunga 50 metri che collegava la Basilica al Tempio di Nettuno e che conteneva quattro pozzi di raccolta delle acque piovane di scolo convogliate dai tetti dei due più grandi edifici di Paestum. La struttura, accessibile da un vano scala, era utilizzata anche un luogo di culto[11] per abluzioni rituali e rappresentava la soluzione all'annoso problema idrico di Paestum, causato dall'elevata salinità delle acque sorgive vicine al mare e dalla scarsa potabilità di quelle di Capodifiume.[12]

 Capaccio, Santuario della Madonna del Granato

L'impaludamento della città fece sì che essa si contraesse progressivamente, ritirandosi man mano verso il punto più alto, intorno al Tempio di Cerere, dove è attestato l'ultimo nucleo abitativo. Tagliata fuori dalle direttrici commerciali, insabbiatosi il suo porto, la vita dell'antica polis dovette ridursi a pura sussistenza. Con la crisi della religione pagana, poco lontano dal Tempio di Cerere sorse una basilica cristiana (chiesa dell'Annunziata), mentre pochi anni dopo lo stesso tempio venne trasformato in chiesa. Un interessante caso di sincretismo religioso si riscontra nell'iconografia della Vergine venerata nell'area pestana: uno dei simboli della Hera poseidoniate, la melagrana, emblema di fertilità e ricchezza, passò alla Madonna, che prese l'epiteto di Madonna del Granato.

Sebbene fosse divenuta sede vescovile almeno a partire dal V secolo d.C., nell'VIII secolo o IX secolo d.C. Paestum venne definitivamente abbandonata dagli abitanti che si rifugiarono sui monti vicini: il nuovo insediamento prese nome dalle sorgenti del Salso, Caput Aquae appunto, dal quale probabilmente deriva il toponimo Capaccio. Qui trovarono scampo dalla malaria e dalle incursioni saracene, portando con sé il culto di Santa Maria del Granato, tuttora venerata nel santuario della Madonna del Granato.

Nell'XI secolo Ruggero il Normanno avviò un'operazione di spoliazione dei materiali dei templi di Paestum, mentre Roberto il Guiscardo depredò gli edifici abbandonati della città per ricavarne marmi e sculture da impiegare nella costruzione del Duomo di Salerno.

Riscoperta e scavi  Paestum in un dipinto nel 1898. In primo piano, le bufale, unici animali a resistere alla malaria. Cratere di Assteas (Napoli, Museo archeologico nazionale.)

Con l'abbandono di Paestum, dell'antica città rimase solo un vago ricordo. In epoca rinascimentale diversi scrittori e poeti citarono Paestum, pur ignorandone l'esatta ubicazione, ponendola ad Agropoli o addirittura a Policastro: si trattava soprattutto di citazioni di Virgilio, Ovidio e Properzio, sulla bellezza ed il profumo delle rose pestane che fiorivano due volte in un anno. Nel XVI secolo il sito iniziò a conoscere una nuova fase di vita, con la formazione di un minuscolo centro imperniato sulla chiesa dell'Annunziata. Soltanto agli inizi del Settecento, però, si riscontrano accenni eruditi, in opere descrittive del Regno di Napoli, a tre "teatri" o "anfiteatri" posti a poca distanza dal fiume Sele. Intorno alla metà del XVIII secolo, Carlo di Borbone fece costruire l'attuale SS18, che attraversando la città in senso N-S, tranciò l'anfiteatro in due parti, sancendo però la definitiva riscoperta della città antica. Vennero realizzati e pubblicati i primi rilievi, incisioni e stampe che ritraevano i templi ed i luoghi, cui si aggiunsero disegni e schizzi degli ammirati visitatori che andavano via via aumentando. Divenne ben presto una tappa obbligata del Grand Tour.

(DE)

«Endlich, ungewiss, ob wir durch Felsen oder Trümmer führen, konnten wir einige große länglich-viereckige Massen, die wir in der Ferne schon bemerkt hatten, als überbliebene Tempel und Denkmale einer ehemals so prächtigen Stadt unterscheiden.»

(IT)

«Finalmente, incerti, se camminavamo su rocce o su macerie, potemmo riconoscere alcuni massi oblunghi e squadrati, che avevamo già notato da distante, come templi sopravvissuti e memorie di una città una volta magnifica.»

Celebri sono le splendide tavole del Piranesi (1778), del Paoli (1784), del Saint Non (1786). Lo storico dell'arte Winckelmann visitò Paestum nel maggio del 1758[13] e l'incontro con i templi dorici pestani fu decisivo per la sua interpretazione dell'arte greca come origine dell'arte occidentale; Goethe, che fu a Paestum il 24 marzo del 1787, riconobbe nelle forme imponenti dei templi pestani la confutazione storica del paradigma ideale di una architettura dorica snella ed elegante.

 Paestum nel 1858, in un suggestivo disegno di William Stanley Haseltine.

A tale diffuso interesse non seguirono però campagne di ricerche e di scavi, a causa del banco di calcare formatosi nel corso dei millenni per precipitazione dalle acque del Salso: coprendo ogni cosa, aveva convinto gli studiosi e gli archeologi che della città antica, oltre ai templi, non si fosse conservato nulla. Fu solamente agli inizi del Novecento che, riconoscendo nel banco una formazione recente, furono intrapresi i primi scavi: tra il 1907 e 1914 indagini archeologiche, guidate dallo Spinazzola, interessarono l'area della "Basilica" spingendosi in direzione del Foro; tra il 1925 ed il 1938 si completarono gli scavi del Foro - con l'individuazione del cosiddetto "Tempio della Pace", del comitium, della via di Porta Marina, e dell'anfiteatro - e si intensificarono le ricerche intorno al Tempio di Cerere; venne dunque completato lo scavo delle mura, in parte restaurate con criteri discutibili, e vennero individuate le cosiddette Porta Marina e Porta Giustizia.

 22 settembre 1943 - Una compagnia dell'esercito statunitense ha installato l'ufficio di ricetrasmissione nel Tempio di Nettuno.

Il 9 settembre 1943 Paestum fu interessata, insieme alla località Laura, dalle attività marine delle forze alleate, a seguito dello sbarco a Salerno. Dopo la II Guerra Mondiale gli scavi sistematici della città ebbero forte impulso: negli anni Cinquanta si approfondirono le indagini delle aree intorno ai templi, portando al recupero delle stipi votive della "Basilica" e del "Tempio di Nettuno"; il "Tempio di Cerere" venne liberato dalle superfetazioni più tarde; nel luglio del 1954 si scoprì il sacello sotterraneo. Più recente fu l'individuazione delle insulae ad ovest della Via Sacra, consentendo di comprendere alcuni elementi dell'abitato della città antica, del suo impianto urbanistico e del suo sviluppo edilizio.

Tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, vennero scavate sistematicamente le numerose e ricchissime necropoli di Paestum, permettendo il recupero non solo di opere straordinarie e pressoché uniche, come la Tomba del Tuffatore, ma anche dei ricchi corredi funerari con le splendide ceramiche di produzione locale, opera di artisti rinomati come Assteas, Python ed il cosiddetto Pittore di Afrodite. A partire dal 1988, grazie a finanziamenti erogati nell'ambito del progetto F.I.O. (Fondi per l'Investimento e l'Occupazione) e ai successivi fondi resi disponibili dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali sui proventi del gioco del Lotto, a quelli stanziati dal Piano Pluriennale per l’Archeologia (2000-2002) e, infine, alle risorse comunitarie del Programma Operativo Regionale (P.O.R. Campania 2000-2006), la Soprintendenza ha potuto attivare un piano organico di interventi di scavo, restauro e messa in valore dei monumenti della città antica [14]

^ Il greto di un torrente è stato riconosciuto in profondità in alcuni saggi di scavo. ^ Strabone, V 4, 13. ^ Secondo un'altra fonte letteraria (Solino, II, 10) la fondazione di Poseidonia sarebbe da attribuire a genti doriche. Contro questa testimonianza, però, viene addotto il ritrovamento, all'interno delle mure della città, di numerosi frammenti ceramici ed altri oggetti con iscrizioni in alfabeto acheo. ^ Corrispondente all'attuale Marcellina, poco dopo Scalea, in Calabria. ^ Non sub-colonie, ma fortemente influenzate da Sibari furono invece Palinuro-Molpe e Pyxous/Pixunte-Sirino. ^ Va ricordato che la costa tirrena era frequentata sin dall'epoca micenea costituendo tappa fondamentale nella rotta marina verso l'Etruria. ^ Non si può non menzionare la grande battaglia tra Greci ed Etruschi a Cuma, nel 524 a.C., dove gli Etruschi furono duramente sconfitti. ^ In quest'area sorgeva un grande insediamento etrusco, Amina, identificato da alcuni studiosi in Pontecagnano o Fratte. ^ Con conseguente predominio di Sibari in tutta la regione della Siritide, per cui dovettero intensificarsi i traffici interni tra Poseidonia e questa regione. ^ Il Tempio di Cerere o Atena - Paestum - Pestum, su paestumsites.it. URL consultato il 20 aprile 2023. ^ Paestum, nuove esplorazioni e rilievi nella galleria tra il tempio di Nettuno e la cosiddetta Basilica, su ulisseonline.it, 30 ottobre 2020. URL consultato il 12 novembre 2020. Ospitato su museopaestum.beniculturali.it. ^ Paolo De Luca, Il fascino di Paestum sotterranea: sopralluogo nel tunnel tra il Tempio di Nettuno e la Basilica, su napoli.repubblica.it, 20 ottobre 2020. ^ La lettera di Winckelmann a Bianconi sui monumenti di Paestum è del 13 maggio 1758. ^ Marina Cipriani e Angela Pontrandolfo, Paestum. Scavi, ricerche, restauri. (PDF), su pandemos.it, Fondazione Paestum, 2010, p. XI. URL consultato il 3 ottobre 2017 (archiviato il 3 ottobre 2017)..
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