Harar Jugol (chiamata a volte solo Harar, Harrar, Hārer o Harer) è una città che si trova nella parte orientale dell'Etiopia, nell'odierna regione dell'Harari. Essa è situata sulla cima di un monte ad un'altezza di 1 885 metri sul livello del mare, nella parte orientale dell'altopiano etiopico, a circa 500 chilometri dalla capitale Addis Abeba. Secondo il censimento del 2007 la popolazione era composta da 99 368 abitanti.

Essa è considerata la quarta città santa dell'Islam, con 82 moschee, tre delle quali risalgono al X secolo, e 102 luoghi sacri. La città è anche famosa per la produzione di un pregiato caffè che porta il suo nome. Nel 2004 Harar Jugol è stata inserita nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

Chiamata Gey (cioè "la città") dai suoi abitanti, Harar venne fondata fra il VII e l'XI secolo (a seconda delle fonti) ed emerse come centro principale della religione e cultura islamica nel Corno d'Africa. Rimase indipendente dal resto dell'Etiopia per secoli, e nel 1520 divenne la capitale di un regno musulmano indipendente guidato da Abu Bakr. Nel XVI secolo Aḥmad Grāñ b. Ibrāhīm lanciò da Harar una guerra di conquista che estese di molto il suo territorio e arrivò a minacciare persino l'esistenza del regno cristiano d'Etiopia. Il suo successore, Emir Nur ibn Mujahid, circondò la città di un muro alto 4 metri e dotato di 5 porte d'accesso. Questo muro, chiamato Jugol, è giunto pressoché intatto fino a noi ed è uno dei simboli della città e dei suoi abitanti.

Il XVI secolo fu il periodo d'oro di Harar: la cultura fiorì e numerosi poeti vivevano e scrivevano qui. I regnanti di Harar coniarono le proprie monete, probabilmente a partire dall'anno islamico 615, che corrisponde al 1218/19 del calendario gregoriano. Sicuramente esse furono coniate in modo massiccio a partire dal 1789 e per tutto il XIX secolo.[1] Per numerosi secoli Harar fu un importante centro commerciale, collegata per mezzo di importanti vie di comunicazione con il resto dell'Etiopia, con il Corno d'Africa e con la Penisola araba.

La città riuscì a rimanere indipendente fino al 1875, quando venne conquistata dall'Egitto. In questo periodo, Arthur Rimbaud visse ad Harar Jugol (la sua casa è stata oggi trasformata in un museo). Nel 1885 la città riuscì a riguadagnare la propria indipendenza, ma essa durò poco poiché il 6 gennaio 1887, in seguito alla battaglia di Chelengo, Menelik II incorporò Harar nel nascente Impero etiopico basato nello Scioa.

Harar perse parte della sua importanza commerciale con la costruzione della ferrovia che collegava Gibuti ad Addis Abeba: inizialmente essa doveva passare per la città, ma venne deviata a nord delle montagne su cui sorge Harar per risparmiare denaro. Il risultato fu che nel 1902 venne fondata la città di Dire Daua, intesa come Nuova Harar.

Durante la guerra d'Etiopia (1935-1936) Harar fu occupata senza combattere il 6 maggio 1936 dalle truppe italiane del generale Rodolfo Graziani al termine degli scontri della battaglia dell'Ogaden; in seguito divenne capoluogo amministrativo del Governatorato di Harar, suddivisione della colonia dell'Africa Orientale Italiana. Harar fu occupata dalle truppe britanniche il 29 marzo 1941 durante gli eventi della campagna dell'Africa Orientale Italiana, venendo quindi restituita al controllo del ricostituito stato etiope.

Nel 1995 Harar Jugol divenne una regione etiopica a tutti gli effetti. Attualmente è in costruzione una condotta per trasportare l'acqua in città da Dire Dawa.

^ Richard R.K. Pankhurst, An Introduction to the Economic History of Ethiopia (London: Lalibela House, 1961), p. 267.
Fotografie di:
A. Davey from Where I Live Now: Pacific Northwest - CC BY 2.0
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