National Gallery

( National Gallery (Londra) )

La National Gallery (in italiano: Galleria nazionale) di Londra, fondata nel 1824, è un museo che, nella sua sede di Trafalgar Square, ospita una ricca collezione composta da più di 2.300 dipinti di varie epoche e scuole dalla metà del XII secolo all'inizio del secolo scorso. La collezione appartiene al popolo britannico e l'ingresso alla collezione principale permanente è gratuito, anche se talvolta è richiesto il pagamento di un biglietto per accedere ad alcune mostre speciali.

Inizialmente la collezione della National Gallery non era particolarmente prestigiosa; a differenza di musei come il Louvre di Parigi o del Museo del Prado di Madrid non ha avuto origine dalla nazionalizzazione di precedenti collezioni d'arte principesche o reali. Fu invece fondata quando il Governo del Regno Unito acquistò 38 dipinti dal banchiere John Julius Angerstein nel 1824. Dopo quella prima acquisizione il museo fu ampliato e migliorato soprattutto grazie all'opera dei su...Leggi tutto

La National Gallery (in italiano: Galleria nazionale) di Londra, fondata nel 1824, è un museo che, nella sua sede di Trafalgar Square, ospita una ricca collezione composta da più di 2.300 dipinti di varie epoche e scuole dalla metà del XII secolo all'inizio del secolo scorso. La collezione appartiene al popolo britannico e l'ingresso alla collezione principale permanente è gratuito, anche se talvolta è richiesto il pagamento di un biglietto per accedere ad alcune mostre speciali.

Inizialmente la collezione della National Gallery non era particolarmente prestigiosa; a differenza di musei come il Louvre di Parigi o del Museo del Prado di Madrid non ha avuto origine dalla nazionalizzazione di precedenti collezioni d'arte principesche o reali. Fu invece fondata quando il Governo del Regno Unito acquistò 38 dipinti dal banchiere John Julius Angerstein nel 1824. Dopo quella prima acquisizione il museo fu ampliato e migliorato soprattutto grazie all'opera dei suoi primi direttori, tra i quali si ricorda Sir Charles Lock Eastlake, e a donazioni da parte di privati, che a tutt'oggi rappresentano i due terzi della collezione.

Col tempo la galleria ha raggiunto risultati straordinari, forte anche degli approfonditi studi inglesi nel campo della storia dell'arte: contando più di duemila opere esposte, ha il punto di forza nel possedere almeno un'opera di praticamente qualsiasi grande maestro europeo, dal medioevo al post-impressionismo, con una panoramica completa negli episodi salienti delle scuole italiana, fiamminga, olandese, spagnola, francese e, naturalmente, inglese. I vari contesti storico-artistici possono inoltre essere pienamente rievocati da una grande ricchezza di opere di maestri "minori" e di scuole locali.

L'edificio che attualmente ospita il museo, sul lato nord di Trafalgar Square, è il terzo ad essere adibito a tale funzione e, come i suoi predecessori, è stato spesso ritenuto inadeguato. L'unica parte ad essere rimasta sostanzialmente inalterata della costruzione originale del 1832-1838 è la facciata progettata dall'architetto William Wilkins, mentre tutto il resto della struttura è stato un po' alla volta cambiato ed ampliato nel corso degli anni. Le modifiche più rilevanti sono dovute all'opera di Edward Middleton Barry e Robert Venturi. Il direttore attuale è lo storico dell'arte Gabriele Finaldi, che ha assunto l'incarico nella primavera 2015.

La richiesta di istituire un museo nazionale

Il Regno Unito, rispetto alla maggior parte degli stati europei, decise in ritardo di istituire una collezione nazionale d'arte aperta al pubblico. Questo avvenne non perché fosse mancata l'opportunità, dal momento che il governo britannico avrebbe potuto acquistare una collezione privata di livello internazionale sin dalla fine del XVIII secolo, decidendo invece di non farlo. Si trattava della collezione di sir Robert Walpole, che gli eredi avevano deciso di porre in vendita nel 1777. Il deputato radicale John Wilkes, parlando alla Camera dei Comuni, chiese che venisse realizzata "Un'adeguata galleria, nell'ampio giardino del British Museum, per accogliere quell'inestimabile tesoro"[1].

Il governo non diede retta all'appello di Wilkes e, vent'anni dopo, la collezione fu acquistata in blocco da Caterina la Grande; attualmente si trova al Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo.

 La Resurrezione di Lazzaro di Sebastiano del Piombo, proveniente dalla collezione Angerstein, fu il primo dipinto a fare ufficialmente parte della nuova National Gallery

Dopo questi eventi anche artisti come James Barry e John Flaxman rinnovarono la richiesta di istituire un museo d'arte nazionale, sostenendo che la scuola britannica di pittura avrebbe potuto svilupparsi bene se solo avesse avuto la possibilità di accostarsi ai capolavori dell'arte europea. La British Institution (fondata nel 1805) tentò di ovviare a questa situazione organizzando esposizioni di lavori di grandi maestri del passato prestate da collezionisti privati, ma si trovò in mezzo alle polemiche, in parte dovute alla scarsa qualità delle opere esposte[2].

Più tardi, nel 1811, Londra diventò sede di una collezione che era stata radunata con l'intento di costituire il nucleo di un mai realizzato museo nazionale polacco, quando uno degli uomini che l'avevano raccolta, Sir Francis Bourgeois, la lasciò per volontà testamentaria al Dulwich College (attualmente si trova nella Dulwich Picture Gallery). Dal momento però che il College era un'istituzione privata che si trovava in un sobborgo a sud di Londra, la capitale britannica rimase priva di un museo nazionale di proprietà statale fino alla fine delle Guerre napoleoniche

La fondazione e i primi anni

L'inatteso pagamento dei debiti di guerra da parte dell'Austria finalmente spinse il sino ad allora riluttante governo britannico ad istituire una galleria d'arte nazionale, proprio nel momento in cui veniva messa sul mercato la collezione di John Julius Angerstein, un banchiere di origine russa scomparso l'anno precedente. Il 2 aprile 1824 la Camera dei Comuni approvò l'acquisto di 38 dipinti appartenuti ad Angerstein, tra cui opere di Raffaello e la serie dei Marriage à-la-Mode di Hogarth, per una spesa complessiva di £ 57.000.

 100 Pall Mall, sede della National Gallery dal 1824 al 1834.

La National Gallery fu aperta al pubblico il 10 maggio 1824, ospitata nel palazzo di Angerstein al n.100 di Pall Mall. Ai dipinti del banchiere si aggiunsero nel 1826 quelli provenienti dalla collezione di Sir George Beaumont, il quale li aveva offerti alla nazione tre anni prima a condizione che venisse trovata una struttura adeguata ad ospitarli e, nel 1828 un lascito di altri 34 dipinti da parte del Reverendo William Holwell Carr. Inizialmente fu il Custode dei Dipinti, William Seguier, ad assumersi il compito di gestire la galleria, ma nel luglio 1824 parte di queste responsabilità furono assunte dal neo-formato consiglio di amministrazione.

La sede della National Gallery di Pall Mall era spesso sovraffollata di visitatori e per questo fonte di polemiche, inoltre le sue dimensioni davvero ridotte rispetto a quelle del Louvre di Parigi causavano imbarazzo a tutta la nazione. Un cedimento strutturale dell'edificio al n.100 costrinse il museo a trasferirsi per qualche tempo al n.105 sempre di Pall Mall, che il romanziere Anthony Trollope definì "un palazzo sporco, grigio e stretto, inadeguato ad esporre i tesori che contiene"[3] Nel 1832 si iniziò a costruire una nuova sede al posto delle vecchie scuderie reali nel quartiere di Charing Cross, su un'area che nel decennio precedente era stata trasformata in Trafalgar Square; il progetto era a cura dell'architetto William Wilkins. Si trattava di una posizione importante nel contesto cittadino, descritta dal membro del consiglio di amministrazione Sir Robert Peel come " nel cuore di Londra" e facilmente raggiungibile da persone di tutte le classi sociali. Più tardi, nel decennio 1850, alcuni richiesero un ulteriore trasferimento, in parte a causa dell'eccessivo inquinamento del centro di Londra, in parte a causa di alcuni difetti di progettazione, ma alla fine si valutò che togliere la National Gallery da Trafalgar Square avrebbe significato rendere più difficile l'accesso al pubblico e il museo non venne più spostato.

La crescita sotto la guida di Eastlake e dei suoi successori

Il fulcro della National Gallery era rappresentato da dipinti di maestri italiani del XV e XVI secolo e per i primi trent'anni della sua esistenza gli amministratori si limitarono ad acquisire singole opere di artisti rinascimentali. I loro gusti piuttosto conservatori fecero perdere loro diverse buone occasioni e la direzione del museo finì per non acquisire alcuna opera tra il 1847 e il 1850 a causa dei contrasti tra i membri[4]. Un'analisi piuttosto critica della gestione approntata dalla Camera dei Comuni nel 1851 suggerì che venisse nominato un direttore, la cui autorità prevalesse su quella dei consiglieri. Molti pensarono che l'incarico sarebbe andato allo storico dell'arte tedesco Gustav Friedrich Waagen, cui erano state in precedenza chieste consulenze sul modo di illuminare ed esporre i dipinti. Invece la Regina Vittoria, il Principe Alberto e il Primo Ministro Lord John Russell scelsero per questo compito l'uomo che già ricopriva il ruolo di Custode dei Dipinti del museo, Sir Charles Lock Eastlake.

Il nuovo direttore preferiva invece i lavori di artisti del Primo Rinascimento, fino ad allora trascurate dalla politica di acquisizioni del museo, ma che lentamente stavano guadagnando consenso tra gli intenditori d'arte. Eastlake fece con cadenza annuale dei viaggi in Europa, e in particolare in Italia, per cercare dipinti adatti ad essere inseriti nella collezione. Complessivamente acquistò 148 dipinti all'estero e 46 in Gran Bretagna[5], tra cui opere molto importanti come La battaglia di San Romano di Paolo Uccello. Eastlake in quel periodo accumulò anche una sua collezione privata, composta di opere che sapeva non avrebbero potuto suscitare l'interesse dei consiglieri. Tuttavia la sua vera intenzione era di far entrare anche queste a far parte della National Gallery, operazione che fu puntualmente portata a termine dopo la sua morte dall'amico e successore William Boxall, che gli successe come direttore, e dalla vedova Lady Eastlake.

Il terzo direttore, Sir Frederick William Burton, pose le basi per la collezione di opere del XVIII secolo e fece diverse straordinarie acquisizioni da collezioni private inglesi, tra cui Gli ambasciatori di Hans Holbein il Giovane. Un altro passo fondamentale per lo sviluppo del museo fu l'istituzione della National Gallery of British Art, detta sin da allora Tate Gallery, nel 1897. La decisione di affidare alla Tate i dipinti di artisti britannici nati dopo il 1790 permise alla National Gallery di liberarsi di varie opere sostanzialmente superflue della collezione, trattenendo però quelle di Hogarth, Turner e Constable. Dato poi che all'epoca la sede del museo si componeva di sole 15 stanze, lo sfoltimento si rivelò vantaggioso anche perché permise di esporre i dipinti in modo migliore e dedicando loro un'attenzione e una cura in precedenza non possibili.

I primi anni del XX secolo  Venere e Cupido di Diego Velázquez

Nel 1906 il dipinto Venere e Cupido di Velázquez, la prima acquisizione di alto livello operata dal The National Art Collections Fund, fu la prima di varie opere che il fondo stesso acquistò per la National Gallery. Nel corso di una delle tante manifestazioni di protesta per cui Trafalgar Square è celebre, il 10 maggio 1914 la tela fu danneggiata da Mary Richardson, un'attivista per il diritto di voto alle donne che stava protestando contro l'arresto di Emmeline Pankhurst avvenuto il giorno precedente. In seguito, nel corso di quello stesso mese, le suffragette attaccarono anche cinque opere di Giovanni Bellini, provocando la chiusura del museo fino all'inizio della prima guerra mondiale, quando le associazioni femminili decisero l'interruzione delle manifestazioni violente per attirare l'attenzione sulle loro rivendicazioni[6].

Il lascito testamentario di 42 dipinti da parte del Dottor Ludwig Mond nel 1909 fu uno dei più grandi mai ricevuti dal museo e migliorò la sua raccolta di opere di maestri italiani del passato[7]. Nel corso del XIX secolo la National Gallery non aveva mai posseduto opere di artisti contemporanei, ma la mancanza venne seppur tardivamente colmata dal lascito da parte di Sir Hugh Lane di dipinti della scuola impressionista nel 1917. Un fondo dedicato all'acquisto di opere moderne istituito dal collezionista Samuel Courtauld nel 1924 acquistò Bagnanti ad Asnières di Seurat ed altri importanti dipinti per donarli alla nazione; nel 1934 queste opere furono trasferite dalla Tate alla National Gallery.

La National Gallery nella Seconda Guerra Mondiale

Quando scoppiò la seconda guerra mondiale i dipinti furono trasportati per ragioni di sicurezza dapprima in varie località gallesi e quindi a Manod Quarry, nei pressi di Festiniog, nel Galles del nord. L'idea iniziale del direttore Kenneth Clark era di far trasportare i dipinti via nave in Canada ma ricevette un telegramma da Winston Churchill che diceva "nascondeteli in qualche grotta o cantina, ma nessun dipinto dovrà lasciare queste isole"[8]. Nel frattempo la pianista Myra Hess ogni giorno teneva degli spettacoli nelle sale vuote della sede del museo per tenere alto il morale della gente, proprio in un periodo in cui tutte le sale da concerto di Londra erano chiuse. Nel 1941 la richiesta da parte di un artista di poter vedere il Ritratto di Margaretha de Geer di Rembrandt fece prendere l'avvio all'iniziativa del "Quadro del mese", in base alla quale ogni mese un dipinto veniva prelevato da Manod Quarry ed esposto al pubblico all'interno della National Gallery.

Gli sviluppi del dopoguerra

Negli anni che seguirono la fine della guerra le acquisizioni per il museo si fecero via via più difficili perché le valutazioni per le opere dei maestri del passato - e ancor più quelle di impressionisti e post-impressionisti - erano cresciute a dismisura. Alcune delle acquisizioni più rilevanti di questo periodo sarebbero state impossibili senza un sostegno pubblico: tra queste si segnalano Sant'Anna, la Madonna, il Bambino e San Giovannino di Leonardo da Vinci (acquisito nel 1962), la Morte di Atteone di Tiziano (1972) e la Madonna dei garofani di Raffaello (2004), La Natività con Dio Padre e lo Spirito Santo di Giambattista Pittoni.

Singoli privati continuarono a fornire il loro sostegno, e il più generoso tra questi fu Sir Paul Getty che, nel 1985, donò alla National Gallery 50 milioni di sterline da dedicare alle acquisizioni[9]. Ironicamente, l'istituzione che creò le maggiori difficoltà alla politica di acquisizioni del museo fu (e resta) il facoltosissimo Getty Museum in California, fondato dall'ivi emigrato padre di Getty. Nel 1985 anche Lord Sainsbury di Preston Candover e i suoi fratelli Simon Sainsbury e Sir Timothy Sainsbury effettuarono una donazione che permise la costruzione della cosiddetta Ala Sainsbury del museo. Tuttavia la diminuzione dei fondi messi a disposizione dal governo è stata causa di forte frustrazione per il dimissionario direttore Charles Saumarez Smith e si ritiene che il museo stia attualmente affrontando la peggior crisi sotto il profilo delle acquisizioni da un secolo a questa parte[10].

Nel 1996 è stato deciso che il 1900 sarebbe stata considerata la data di realizzazione limite per i dipinti conservati nella National Gallery, e negli anni seguenti più di 60 dipinti posteriori a tale data sono stati dati alla Tate Gallery con la formula del prestito a lungo termine in cambio di opere di Gauguin e altri artisti. L'accordo è significativo perché ha posto fine a circa un secolo di relazioni piuttosto fredde tra i due musei. Una futura nuova espansione della National Gallery potrebbe coincidere con il ritorno tra le sue mura dei capolavori del XX secolo[11].

Un'altra carenza della collezione fu colmata nel 1999 dal lascito di Sir Denis Mahon, uno storico dell'arte che aveva collezionato dipinti italiani di epoca barocca in un'epoca in cui erano considerati di cattivo gusto dalla maggior parte degli operatori del settore. Il pregiudizio aveva contagiato anche i consiglieri della National Gallery, che nel 1945 avevano rifiutato di acquistare per 200 sterline un Guercino della sua collezione (nel 2003 la sua valutazione raggiunse i 4 milioni di sterline)[12]. Mahon lasciò al museo 26 dei suoi dipinti, tra cui opere di Guido Reni e del Correggio, a condizione che non fossero mai tolti dall'esposizione e non fosse mai richiesto di pagare un biglietto per vederli[13].

^ Andrew Moore, Sir Robert Walpoles pictures in Russia!, Magazine Antiques, 2 ottobre 1996. URL consultato il 22/02/2008 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2007). ^ Fullerton, Peter (1979). Some aspects of the early years of the British Institution for Promoting the Fine Arts in the United Kingdom 1805–1825. MA dissertation, Courtauld Institute of Art., p. 37 ^ Taylor, Brandon (1999). Art for the Nation: Exhibitions and the London Public, 1747-2001. Manchester: Manchester University Press, p. 37 ^ Robertson, David (2004). "Eastlake, Sir Charles Lock (1793–1865)", Oxford Dictionary of National Biography, Oxford: Oxford University Press. ^ Grove Dictionary of Art, Vol. 9, p. 683 ^ Spalding, Frances (1998). The Tate: A History. Londra: Tate Gallery Publishing, p. 39 ^ The Mond Bequest Archiviato il 2 novembre 2005 in Internet Archive. (Official NG website) ^ MacGregor, Neil (2004). "A Pentecost in Trafalgar Square", pp. 27–49 in Cuno, James (ed.). Whose Muse? Art Museums and the Public Trust. Princeton: Princeton University Press and Cambridge, MA: Harvard University Art Museums, p.43 ^ Fisher, Mark (2004). Britain's Best Museums and Galleries. Londra: Penguin, p. 789 ^ Martin Bailey, National Gallery faces worst acquisition crisis in over a century, The Art Newspaper, 2 luglio 2007. URL consultato il 14/10/2007 Non più disponibile il 22/02/2008. ^ Martin Bailey, National Gallery may start acquiring 20th century art, The Art Newspaper, 2 novembre 2005. URL consultato il 14/10/2007 Non più disponibile il 22/02/2008. ^ Cronaca: Sir Denis Mahon Archiviato il 7 dicembre 2008 in Internet Archive. ^ Gaskell, Ivan (2000). Vermeer's Wager: Speculations on Art History, Theory and Art Museums. Londra: Reaktion, pp. 179–182
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