Trionfo della Divina Provvidenza

Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII, più comunemente noto nella forma abbreviata di Trionfo della Divina Provvidenza, è un affresco di Pietro da Cortona realizzato tra il 1632 e il 1639 nella volta del salone del piano nobile di palazzo Barberini a Roma.

Nato come esaltazione della famiglia Barberini, allora regnante sul soglio pontificio con Urbano VIII, il ciclo mostra tramite allegorie e temi classici-mitologici quelle che sono le virtù del casato per il buon governo.

L'opera viene spesso citata come manifesto dello stile barocco in pittura, nel senso più proprio del termine, che attraverso varie esperienze parziali dei primi anni del secolo XVII, arrivò al suo culmine proprio con la figura di Pietro da Cortona. Con una superficie di circa 600 m² è il secondo ciclo di affreschi più grande di Roma dopo la cappella Sistina.

La commessa  Papa Urbano VIII

Introdotto ai Barberini dall'amico Marcello Sacchetti, Pietro da Cortona era all'epoca un valido artista che si dedicava soprattutto ai temi tratti dall'antico, ma non ancora il protagonista della scena. La prima commissione per la potente famiglia papale sono gli affreschi nella chiesa di Santa Bibiana (1624-1626), appena restaurata dal Bernini, dove il pittore inizia a primeggiare, come dimostra il confronto col conterraneo Agostino Ciampelli, pure impiegato nel ciclo, dallo stile più statico e aneddotico.[1]

Il successo di questa commissione fece sì che il cardinale Maffeo Barberini, nel frattempo diventato papa col nome di Urbano VIII, assegnasse al pittore una commissione ancora più ambiziosa, la decorazione del salone di rappresentanza (24×14,5×18 m),[2] l'ambiente più importante del nuovo palazzo della sua famiglia, costruito nel frattempo da Carlo Maderno e poi da Gianlorenzo Bernini (attivo proprio nel piano nobile, nella sala, che ampliò, e in buona armonia col pittore) e Francesco Borromini.[1][3]

In prima istanza la commessa, decretata da Taddeo Barberini, fu inoltrata al suo protetto, Andrea Camassei, pittore manierista toscano, già attivo a palazzo Barberini.[4] Fu poi proprio il pontefice, stando alle parole del Passeri, a virare sul Cortona la commessa, comunque su intercessione del cardinale Francesco, a suo volta protettore del pittore: «Don Taddeo e tutti i signori Barberini, gli assegnarono il voltone della sala grande [...] espressi per la penna del Signor Francesco Bracciolini dell'Api. Questa volta poi, per mutazione di parere e di fortuna, fu dal medesimo Pontefice collocata al sig. Pietro da Cortona: et egli nello spazio di quattordici anni la ridusse a quella bellezza che hoggi si vede [...]».[3]

La presenza di collaboratori fu limitata ad operazioni tecniche, con scarsa autonomia rispetto al maestro, al quale viene dopotutto riferita la totalità dell'autografia. Tra i presenti, citati nei documenti, ci furono Giovan Francesco Romanelli, Giovanni Maria Bottalla e Pietro Paolo Baldini, pagati dieci scudi al mese per tutto il tempo della realizzazione.[4]

Il tema iconografico di Francesco Bracciolini  Fucina di Vulcano

Il tema del grande affresco venne steso dal poeta ed erudito Francesco Bracciolini, un altro toscano (pistoiese) molto vicino al papa, segretario particolare del cardinal nipote Antonio Barberini,[5] che scrisse un poema proprio in occasione dell'elezione pontificia del Barberini, L'elettione di Urbano Papa VIII (iniziato in un periodo immediatamente successivo alla nomina papale, ed edito nel 1628).[3]

 Divina Provvidenza Minerva

L'affresco traspone quello che è il concetto del Bracciolini, dove si celebra il trionfo della famiglia Barberini con la nomina papale di Maffeo del 1623, voluta dalla Divina Provvidenza, mediante miti, leggende ed episodi biblici, adottati come esempi per l'attuale.[6]

Il Cortona realizzò dapprima la parte centrale della scena, quindi la cornice centrale e la Divina Provvidenza, che interviene per l'elezione di Urbano VIII a pontefice, dopodiché procedette con la realizzazione dei quattro angoli, definendo anche la scansione del finto fregio marmoreo con telamoni, quindi il lato corto sul versante ovest, i due lati lunghi e infine l'altro lato corto sul versante est, dove sono la Minerva e la caduta dei Giganti.[6]

Le quattro storie dei clipei, tratte da temi classici romani, sono collocate nelle colonne portanti della finta architettura affrescata a mo' di cardini su cui poggiano le virtù di Urbano VIII, mentre alla base sono altrettanti animali rappresentativi di altre virtù Barberini, quindi il leone (Fortezza), due orsi (Sagacia), il liocorno (Temperanza) e l'ippogrifo (Perspicacia).[6] Nelle quattro scene laterali sono raffigurate scene che alludono al buon governo di Urbano VIII: le virtù militari (scena del Trionfo della Pace), quelle religiose e spirituali (scena del Trionfo della Religione), quelle della ragione (scena della Cacciata dei vizi di Ercole) e infine quelle della giustizia (scena di Minerva che combatte i giganti).[6]

Gran parte dei temi allegorici descritti dal Bracciolini, e quindi raffigurati poi dal Cortona, sono di nuova invenzione e non rimandano a l compendio iconografico di Cesare Ripa.[7]

Gli stati d'avanzamento dei lavori  Scorcio della volta La sala

Le fasi del lavoro sono ben documentate: al 1630 risale il completamento strutturale della sala; dal 25 settembre 1631 a giugno 1632 si registrano lavori di falegnameria per innalzare i ponteggi e le impalcature su cui il Cortona e i suoi collaboratori avrebbero poi lavorato; il 18 novembre 1632 iniziano i lavori ad affresco; nel 1633 avviene una breve interruzione per assolvere alla commessa dei padri filippini di Santa Maria in Vallicella, per la quale furono realizzati gli affreschi con gli Angeli che reggono i simboli della Passione in sacrestia; nel 1637 i lavori sono interrotti a causa di un soggiorno di sei mesi a Firenze del Cortona, dove si fermò in occasione del viaggio che fece al seguito di Giulio Sacchetti, che intanto si recava a Bologna dove fu nominato legato pontificio; il 12 dicembre 1637 i ponteggi vengono momentaneamente smontati per consentire la visita illustre al cantiere di Francesco I d'Este; nel 1638 i lavori continuarono con una certa speditezza, fino alla conclusione nel 1639.[8]

I lunghi tempi di gestazione si spiegano dunque anche con l'attività del pittore in altri cantieri, su tutti gli affreschi in Santa Maria in Vallicella e alla prima parte della stufetta di Palazzo Pitti a Firenze, ma probabilmente anche commesse architettoniche, come il progetto per la villa del Pigneto e quello del rifacimento della chiesa dei Santi Luca e Martina a Roma.[9]

 Cartiglio con le tre api Barberini che lavorano i campi

Alla parentesi fiorentina risalgono diverse missive che consentono di avere maggiormente delineato quello che è lo stato dell'arte: Giulio Rospigliosi, futuro papa Clemente IX, all'epoca cardinale molto vicino agli ambienti Barberini, in una lettera del 5 giugno 1637 scrive circa la speranza che aveva il Cortona di riuscire a finire il Trionfo della Divina Provvidenza per giugno dello stesso anno; tuttavia questa evenienza fu scongiurata a seguito del viaggio in Toscana che poi interessò il pittore.[10] Raggiunto il granducato, un'ulteriore lettera del pittore trasmessa il 20 luglio del 1637 al cardinale Francesco Barberini a Roma, racconta della commessa di Ferdinando II de' Medici sull'Età dell'uomo, nonché la sua volontà di finirli entro agosto, così da ritornare poi nell'Urbe e completare il ciclo Barberini.[10] Tuttavia da un'altra corrispondenza di settembre risulta che i due cicli che stava eseguendo erano ancora incompleti, e inoltre ne restavano altri due da effettuare, che a quel punto si sarebbero realizzati in un secondo momento, in occasione di un ritorno a Firenze del Cortona.[10]

Di ritorno a Roma da Firenze, il Romanelli viene allontanato da Pietro da Cortona perché accusò i due suoi collaboratori, llui e Bottalla, di aver brigato contro il maestro durante la sua assenza, proponendosi ai committenti per la conclusione degli affreschi, forse confidando troppo nelle proprie capacità.[11] Il Bottalla però, artista forse più docile e ossequioso, rimase tra gli aiuti del Cortona, mentre il Romanelli fu definitivamente allontanato.[11] È comunque sicuro che il tentativo dei due non venne accolto, poiché durante l'assenza del Cortona non vennero pagati gli stuccatori per preparare gli intonaci, pertanto lasciando intendere che non si effettuò alcuna pittura.[11] La vicenda, raccontata da Filippo Baldinucci, fu anche alla base della rottura dell'armonia di intenti tra Pietro da Cortona e Bernini, quest'ultimo che cercò invano di proteggere Romanelli.[8]

Il 24 settembre del 1639 in una lettera inviata al suo ospitante a Firenze, Michelangelo Buonarroti il Giovane, si evince che l'opera romana è pressoché conclusa, e quindi nel marzo dell'anno nuovo il Cortona si sarebbe recato nuovamente presso la corte medicea per completare i due cicli mancanti della sala della Stufa.[10]

L'inaugurazione della grande decorazione barocca  Furore

Il 5 dicembre 1639 papa Urbano VIII, che secondo lo storico Joachim von Sandrart si recava quotidianamente in loco per vedere lo stato di avanzamento del cantiere, visita l'affresco terminato.[12] Appena scoperto il successo fu straordinario, come testimoniano le numerosissime incisioni, copie e descrizioni. La sua influenza ebbe eco internazionale, con un'intera generazione di artisti che, formandosi a Roma, ne riproposero e divulgarono le soluzioni in molte imprese.[13]

Compiuta quando il Cortona aveva 36 anni, quest'opera risulterà essere la più notevole della Roma del Seicento, capofila della grande decorazione barocca a fresco, che si sarebbe poi protratta da quel momento fino alla fine del Settecento, degna di "rivaleggiare" nel campo delle arti con gli altri grandi cicli del passato, quindi con quello dei Carracci nel palazzo Farnese, o quelli vaticani di Raffaello e Michelangelo, a cui il papa stesso paragonò la "sua" opera.[12][14]

Il compenso per il lavoro svolto dal Cortona non fu elargito con uno stipendio mensile, come invece avvenne per i collaboratori, ma fu liquidato a conclusione dell'opera, per un totale di 3.910 scudi[5]: di cui 2.000 scudi per l'opera in sé, mentre la restante parte provenivano dalla rendita per i titoli di cui fu insignito dai Barberini durante la commessa.[14][15]

Il ciclo ha ricevuto nel 1971, 1981 e 1993, diversi interventi di restauro che hanno riguardato la rimozione di ridipinture precedenti eccessivamente invasive nonché di svariati fenomeni del bottaccioli.[6]

^ a b Lo Bianco, cit., p. 16. ^ Marco Testa, Pietro da Cortona, Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini., p. 2. URL consultato il 28 marzo 2022. ^ a b c Marco Testa, Pietro da Cortona, Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini., p. 10. URL consultato il 28 marzo 2022. ^ a b Marco Testa, Pietro da Cortona, Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini., p. 9. URL consultato il 28 marzo 2022. ^ a b AA. VV., 100 capolavori delle Gallerie Nazionali Barberini e Corsini, a cura di Y. Primarosa, Officina Libraria, 2022, pp. 21-23, ISBN 9788833670522. ^ a b c d e Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore B ^ Marco Testa, Pietro da Cortona, Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini., p. 29. URL consultato il 30 marzo 2022. ^ a b Lo Bianco, cit., pp. 22-23. ^ Marco Testa, Pietro da Cortona, Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini., p. 16. URL consultato il 28 marzo 2022. ^ a b c d Marco Testa, Pietro da Cortona, Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini., p. 17. URL consultato il 28 marzo 2022. ^ a b c Marco Testa, Pietro da Cortona, Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini., p. 20. URL consultato il 28 marzo 2022. ^ a b Marco Testa, Pietro da Cortona, Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini., p. 11. URL consultato il 28 marzo 2022. ^ Lo Bianco, cit., p. 23. ^ a b Marco Testa, Pietro da Cortona, Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini., p. 18. URL consultato il 28 marzo 2022. ^ Lo Bianco, cit., p. 22.
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