Contesto di Israele

Israele, ufficialmente Stato d'Israele (in ebraico: , Medinat Yisra'el; in arabo: دولة اسرائيل, Dawlat Isrā'īl), è uno Stato del Vicino Oriente affacciato sul mar Mediterraneo e che confina a nord con il Libano, con la Siria a nord-est, Giordania a est, Egitto a sud-ovest, golfo di Aqaba a sud e con i territori palestinesi, ossia Cisgiordania (comprendente le regioni storiche di Giudea e Samaria) a est, e Striscia di Gaza a sud-ovest.

Situato in Medio Oriente, occupa approssimativamente un'area che secondo i racconti biblici in epoca antica era compresa nel Regno di Giuda e Israele e nella regione della Cananea, soggetta nel tempo al dominio di numerosi popoli, tra cui egizi, assiri, babilonesi, romani, bizantini, arabi e ottomani, nonché teatro di numerose battaglie etnico-religiose. In età contemporanea è stata parte del mandato britannico della Palestina, periodo durante il quale fu soggetta a flussi immigratori di popolazioni ebraiche, incoraggi...Leggi tutto

Israele, ufficialmente Stato d'Israele (in ebraico: , Medinat Yisra'el; in arabo: دولة اسرائيل, Dawlat Isrā'īl), è uno Stato del Vicino Oriente affacciato sul mar Mediterraneo e che confina a nord con il Libano, con la Siria a nord-est, Giordania a est, Egitto a sud-ovest, golfo di Aqaba a sud e con i territori palestinesi, ossia Cisgiordania (comprendente le regioni storiche di Giudea e Samaria) a est, e Striscia di Gaza a sud-ovest.

Situato in Medio Oriente, occupa approssimativamente un'area che secondo i racconti biblici in epoca antica era compresa nel Regno di Giuda e Israele e nella regione della Cananea, soggetta nel tempo al dominio di numerosi popoli, tra cui egizi, assiri, babilonesi, romani, bizantini, arabi e ottomani, nonché teatro di numerose battaglie etnico-religiose. In età contemporanea è stata parte del mandato britannico della Palestina, periodo durante il quale fu soggetta a flussi immigratori di popolazioni ebraiche, incoraggiate dalla nascita del movimento sionista che mirava alla costituzione di un moderno Stato ebraico. Dopo la seconda guerra mondiale e la Shoah, anche per cercare di porre rimedio agli scontri locali tra ebrei e arabi palestinesi, il 29 novembre 1947 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella risoluzione n. 181 approvava il piano di partizione della Palestina che prevedeva la costituzione di due Stati indipendenti, uno ebraico e l'altro arabo. Alla scadenza del mandato britannico il moderno Stato d'Israele fu quindi proclamato da David Ben Gurion il 14 maggio 1948.

Tale ripartizione fu però osteggiata da gruppi antisionisti e dalla totalità dei rappresentanti palestinesi, nonché dai vicini Paesi arabi. Dopo alcuni scontri già all'indomani del voto della risoluzione, terminato il ritiro delle truppe britanniche, la Lega Araba avviò una guerra contro il neonato Stato ebraico, dando origine a una serie di conflitti arabo-israeliani; accordi di pace sui confini furono in seguito raggiunti solo con Egitto (1979) e Giordania (1994). Rispetto ai territori palestinesi non esistono tuttora confini precisi. Oltre a estendere il territorio dello Stato dopo la prima guerra arabo-israeliana del 1948 (denominata da parte israeliana guerra d'Indipendenza, mentre da parte araba Nakba, "catastrofe"), rispetto a quanto previsto dalla risoluzione ONU, Israele ha anche occupato i territori della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, della Striscia di Gaza e delle alture del Golan dopo la guerra dei sei giorni, stabilendovi insediamenti israeliani.

Lo Stato di Palestina, proclamato nel 1988 e ammesso come osservatore permanente dell'ONU nel 2012, ma non riconosciuto da Israele e da altri Paesi, rivendica la sovranità sulla striscia di Gaza e sulla Cisgiordania. La Cisgiordania è divisa tra enclaves palestinesi amministrate dall'Autorità Nazionale Palestinese e insediamenti israeliani sotto il controllo esclusivo delle autorità israeliane. La striscia di Gaza, dalla quale Israele si è ritirato unilateralmente nel 2005, è formalmente amministrata dall'Autorità Nazionale Palestinese, ma dopo la battaglia di Gaza del 2007 è di fatto controllata da Hamas. La sovranità israeliana non è riconosciuta da molti Stati arabi, mentre rappresentanti palestinesi hanno riconosciuto Israele nel 1993, come parte degli stessi accordi di Oslo. Diversi tentativi di accordi di pace non hanno finora dato i frutti sperati e l'area continua quindi a essere geopoliticamente instabile.

All'aprile 2015 la popolazione israeliana era di 8345000 abitanti. È l'unico Stato al mondo a maggioranza ebraica (il 74,9% della popolazione) e con una consistente minoranza di arabi (circa il 20%, in prevalenza di religione musulmana, ma anche cristiana o drusa).

La legge fondamentale del 1980 (Israele non ha un organico testo costituzionale, ma una pluralità di "leggi fondamentali") afferma che la capitale è Gerusalemme, rivendicata come tale anche dallo Stato di Palestina almeno nella sua parte orientale, ma non riconosciuta come capitale di Israele dalla maggior parte dei membri dell'ONU. Quasi tutti gli Stati che hanno relazioni diplomatiche con Israele mantengono le proprie ambasciate a Tel Aviv, centro finanziario del Paese, o nelle vicinanze, ma mantengono comunque sedi consolari a Gerusalemme.

Le due leggi fondamentali del 1992 sulla dignità e la libertà e sul diritto all'occupazione proclamano che Israele è uno stato "ebraico e democratico" e la legge fondamentale del 2018 definisce Israele come “stato-nazione del popolo ebraico". Israele è governato da un sistema parlamentare a rappresentanza proporzionale. È considerato un Paese sviluppato, è membro dell'OCSE e secondo il Fondo monetario internazionale nel 2022 era al 28º posto nella lista degli Stati per prodotto interno lordo. Ha inoltre il più alto indice di sviluppo umano in Medio Oriente ed è uno dei Paesi con la più alta aspettativa di vita nel mondo.

Di più Israele

Informazioni di base
  • Moneta Nuovo shekel israeliano
  • Nome originale ישראל
  • Prefisso telefonico +972
  • Dominio Internet .il
  • Mains voltage 230V/50Hz
  • Democracy index 7.84
Population, Area & Driving side
  • Popolazione 9840000
  • La zona 20770
  • Lato guida right
Cronologia
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      Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Israele.
    Il popolo ebraico prima della nascita di Israele Il popolo ebraico nell'antichità e nel medioevo

    Secondo la tradizione[1] una serie di regni e stati ebraici (vedi Dodici tribù di Israele) ebbero vita nella regione per oltre un millennio a partire dalla metà del secondo millennio a.C. Ricordiamo per brevità il Regno di Israele distrutto nel 722 a.C., anno dell'invasione assira, e il Regno di Giuda (distrutto nel 587 a.C.) con la distruzione del tempio da parte di Nabucodonosor II e deportazione a Babilonia della popolazione. Dopo l'esilio babilonese nel 538-537 a.C. Ciro il Grande, che nel 539 a.C. conquista Babilonia, emana un decreto che autorizza gli esuli Ebrei a tornare in patria. Tuttavia la ricostituzione di Giuda non fu immediata per probabile indolenza anche da parte degli stessi esuli oltre che a causa di resistenze e opposizioni esterne, e ciò è dimostrato dall'episodio narrato nel libro di Neemia (Neemia 2:1) avvenuto nel 20º anno di Artaserse I. Il monarca, accogliendo la supplica di Neemia suo coppiere, emanò l'editto che autorizzava la ricostruzione delle mura di Gerusalemme. L'editto di Artaserse I risale quindi al 445/4 a.C. Giuda fu posto sotto protettorati diversi, dai Persiani ai Romani, fino al fallimento della grande rivolta ebraica contro l'Impero Romano, che provocò la massiccia espulsione degli Ebrei dalla loro patria (Diaspora ebraica).

    Nel VII secolo, l'Impero Bizantino perse la regione per mano degli Arabi che, insediandosi, vi attrassero nuovi coloni, specialmente dalle regioni meridionali della Penisola araba. Dopo un fortunato periodo sotto il califfato omayyade, l'area decadde progressivamente in età abbaside, trovando una qualche nuova vitalità in periodo tulunide prima di ricadere sotto il controllo delle tribù nomadi dei Banū Kalb e dei Banū Kilāb.

    Con le Crociate e le successive dominazioni dei Fatimidi, Zengidi, Ayyubidi e Mamelucchi, la regione riacquistò una certa importanza. I nuovi dominatori Ottomani non furono invece del tutto all'altezza del compito, abbandonando l'amministrazione dell'area nelle poco capaci mani degli sconfitti Mamelucchi, trasformati in loro vassalli.

    Malgrado un tentativo della dinastia chediviale di Mehmet Ali di annettersi la regione, grazie ad alcune azioni militari tentate dal figlio del fondatore Ismāʿīl Pascià, gli Ottomani rimasero al potere fino alla I guerra mondiale, che li vide soccombenti per la loro alleanza con gli Imperi Centrali.

    Nell'immediato dopoguerra fu creato in Palestina e in Transgiordania un Mandato della Società delle Nazioni, affidato al Regno Unito, mentre in Siria un altro Mandato fu attribuito alla Francia.

    Il Sionismo e il Mandato britannico
      Lo stesso argomento in dettaglio: Mandato britannico della Palestina e Sionismo.
    Un uomo con una lunga barba nera su un balcone. Theodor Herzl, fondatore del Sionismo, nel 1901 a Basilea

    La popolazione ebraica che aveva abitato la zona per secoli,[1] cominciò ad aumentare costantemente alla fine del XIX secolo sulla base di ondate migratorie alimentate dagli ideali del sionismo,[2] movimento politico che auspicava la fondazione di uno Stato ebraico.

    Primo Congresso Sionista a Basilea

    Il Sionismo ebbe da allora prima in Theodor Herzl e poi in Chaim Weizmann e David Ben Gurion i suoi promotori. Il primo Congresso Sionista avrà luogo a Basilea nel 1897 (nelle località dello Stadtcasino), dove viene formulato il Programma di Basilea.[3] In tutto, il congresso sionista avrà luogo nella città di Basilea dieci volte, cioè di più che in ogni altra città al mondo.[4]

    Dopo la prima guerra mondiale

    Alla fine della prima guerra mondiale, la Società delle Nazioni trasferisce la Palestina sotto il controllo dell'Impero britannico, togliendola all'Impero ottomano. I britannici, con la Dichiarazione Balfour, si erano fatti promotori della costituzione di un "focolare nazionale" ("national home") ebraico in Palestina favorendo lo stanziamento di immigrati ebrei.

    A seguito della massiccia immigrazione di popolazioni ebraiche provenienti in gran parte dall'Europa orientale, organizzata per lo più dal movimento sionista, la popolazione ebraica nella regione che poi sarebbe divenuta Israele, passò dalle circa 80000 unità registrate nel 1918 a 175000 nel 1931 e a 400000 nel 1936, causando attriti con la popolazione araba preesistente.

    Nel 1939 l'amministrazione britannica, a seguito delle conseguenze dei moti del 1929 e soprattutto dei quasi quattro anni di guerra civile conosciuta come Grande rivolta araba, pose forti limitazioni all'immigrazione e alla vendita di terreni a ebrei, e respinse le navi cariche di immigranti ebrei in arrivo, proprio alla vigilia della Shoah. L'avvento del Nazismo e la tragedia della Shoah portarono a un ulteriore flusso migratorio di ebrei provenienti da diverse nazioni europee.[5][6]

    Storia dello Stato di Israele Nascita dello Stato  Territori riconosciuti a Israele dall'ONU e conquiste del 48-49

    Nel 1947 l'Assemblea delle Nazioni Unite (che allora contava 52 Paesi membri), dopo sei mesi di lavoro da parte dell'UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine), il 29 novembre approvò la Risoluzione dell'Assemblea Generale n. 181,[7] con 33 voti a favore, 13 contro e 10 astenuti, che prevedeva la creazione di uno Stato ebraico (sul 56,4% del territorio e con una popolazione di 500000 ebrei e 400000 arabi) e di uno Stato arabo (sul 42,8% del territorio e con una popolazione di 800000 arabi e 10000 ebrei). La città di Gerusalemme e i suoi dintorni (il rimanente 0,8% del territorio), con i luoghi santi alle tre religioni monoteiste, sarebbero dovuti diventare una zona separata sotto l'amministrazione dell'ONU. Secondo il piano, lo Stato ebraico avrebbe compreso tre sezioni principali, collegate da incroci extraterritoriali; lo Stato arabo avrebbe avuto anche un'exclave a Giaffa.

     Mappa della distribuzione della popolazione nel 1946

    Nella sua relazione l'UNSCOP[8] si pose il problema di come accontentare entrambe le fazioni, giungendo alla conclusione che soddisfare le pur motivate richieste di entrambi era "manifestamente impossibile", ma che era anche "indifendibile" accettare di appoggiare solo una delle due posizioni. Nel decidere su come suddividere il territorio considerò, per evitare possibili rappresaglie da parte della popolazione araba, la necessità di radunare tutte le zone dove i coloni ebrei erano presenti in numero significativo nel futuro territorio ebraico.

    Il Regno Unito, che negli anni trenta durante la Grande rivolta araba aveva già tentato diverse volte senza successo di spartire il territorio tra la popolazione araba preesistente e i coloni ebrei in forte aumento, si astenne nella votazione e rifiutò apertamente di seguire le raccomandazioni del piano, che riteneva si sarebbe rivelato inaccettabile per entrambe le parti; ben presto annunciò che avrebbe terminato comunque il proprio mandato il 15 maggio 1948.

    Le reazioni alla risoluzione dell'ONU furono diversificate: la maggior parte degli ebrei, rappresentati ufficialmente dall'Agenzia Ebraica, l'accettarono, pur lamentando la non continuità territoriale tra le varie aree assegnate allo Stato ebraico. Gruppi più estremisti, come l'Irgun e la Banda Stern, la rifiutarono, essendo contrari alla presenza di uno Stato arabo in quella che consideravano "la Grande Israele", nonché al controllo internazionale di Gerusalemme.

    Tra la popolazione araba la proposta fu rifiutata, con diverse motivazioni: alcuni negavano totalmente la possibilità della creazione di uno Stato ebraico; altri criticavano la spartizione del territorio che ritenevano avrebbe chiuso i territori assegnati alla popolazione araba (oltre al fatto che lo Stato arabo non avrebbe avuto sbocchi sul Mar Rosso né sulla principale risorsa idrica della zona, il Mar di Galilea); altri ancora erano contrari che agli ebrei, che allora costituivano una minoranza (un terzo della popolazione totale che possedeva solo il 7% del territorio), fosse assegnata la maggioranza (56%, ma con molte zone desertiche) del territorio (anche se la commissione dell'ONU aveva preso quella decisione anche in virtù della prevedibile immigrazione di massa dall'Europa dei reduci delle persecuzioni della Germania nazista); gli stati arabi infine proposero la creazione di uno Stato unico federato, con due governi.

    Tra il dicembre del 1947 e la prima metà di maggio del 1948 vi furono cruente azioni di guerra civile da ambo le parti. Il piano Dalet (o "Piano D") dell'Haganah, messo a punto tra l'autunno del 1947 e i primi mesi del 1948, aveva come scopo la difesa e il controllo del territorio del quasi neonato Stato israeliano, e degli insediamenti ebraici a rischio posti di là dal confine di questo. Il piano, seppur ufficialmente solo difensivo, prevedeva comunque, tra le altre cose, la possibilità di occupare basi nemiche poste oltre il confine (per evitare che venissero impiegate per organizzare infiltrazioni all'interno del territorio), e prevedeva la distruzione dei villaggi palestinesi, espellendone gli abitanti oltre confine, ove la popolazione fosse stata "difficile da controllare",[9] situazione che ha portato diversi storici a considerare il piano stesso indirettamente responsabile di massacri e azioni violente contro la popolazione palestinese (seppur non presenti né giustificate esplicitamente dal piano), in una specie di tentativo di pulizia etnica.[10] L'impatto emotivo sull'opinione pubblica del massacro di Deir Yassin, avvenuto il 9 aprile da parte di membri dell'Irgun e della Banda Stern e all'insaputa dell'Haganah, fu una delle cause principali della fuga degli abitanti nei mesi seguenti.

    Il 14 maggio del 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele, un giorno prima che l'ONU stessa, come previsto, ne sancisse la creazione.

    Il 15 maggio, le truppe britanniche si ritirarono definitivamente dai territori del Mandato.

    Guerra arabo-israeliana del 1948 (Guerra d'Indipendenza)
      Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra arabo-israeliana del 1948.

    Lo stesso 15 maggio 1948 gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania, attaccarono l'appena nato Stato di Israele. L'offensiva venne bloccata dall'esercito israeliano, e le forze arabe vennero costrette ad arretrare. Israele conquistò centinaia di villaggi palestinesi, concausa dell'esodo degli abitanti.[11] La guerra terminò con la sconfitta araba nel maggio del 1949. Il numero di profughi arabo-palestinesi provenienti dai territori controllati da Israele raggiunse le 711.000 persone.[Nota 1] Alcuni hanno rivelato che numerosi palestinesi seguitarono a credere che gli eserciti arabi avrebbero prevalso e affermarono pertanto di voler tornare nelle loro terre d'origine.[12]

    In seguito all'armistizio e al ritiro delle truppe ebraiche l'Egitto occupò la striscia di Gaza, mentre la Transgiordania occupò la Cisgiordania, assumendo quindi il nome di Giordania. Israele annesse la Galilea e altri territori a maggioranza araba conquistati nella guerra. Negli anni immediatamente successivi, dopo l'approvazione (5 luglio 1950) della Legge del ritorno da parte del governo israeliano, si assistette a una nuova forte immigrazione ebraica, che portò al raddoppio della popolazione di Israele. In gran parte si trattò di profughi ebrei mizrahì provenienti dai paesi arabi.

    Per il suo ruolo nel negoziare gli armistizi del 1948 e 1949, Ralph Bunche ricevette il Premio Nobel per la Pace nel 1950.

    Israele mantenne la legge militare per gli arabi israeliani fino al 1966.

    La crisi di Suez, la guerra dei sei giorni e la guerra del Kippur
      Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi di Suez, Guerra dei sei giorni e Guerra del Kippur.

    Il 23 luglio 1952 un gruppo chiamato "Liberi Ufficiali" depose l'allora sovrano d'Egitto Re Faruk e salì al potere il loro leader Gamal Abd el-Nasser, conosciuto anche semplicemente come Nasser. Egli procedette a un progressivo distaccamento dal Regno Unito stipulando con esso degli accordi secondo i quali avrebbero sgombrato il canale di Suez a patto che l'Egitto chiedesse loro aiuto in caso di minacce esterne. Nei tre anni seguenti vennero smantellate tutte le vecchie istituzioni, e nel 1955 le truppe egiziane subentrarono a quelle del Regno Unito nel controllo del canale. Il Regno Unito interruppe immediatamente i rifornimenti di armi e i finanziamenti per la costruzione della diga di Assuan, e in tutta risposta, nel 1956, Nasser nazionalizzò il canale di Suez e lo chiuse alle navi commerciali di Israele, cominciando nel contempo un avvicinamento all'URSS. Israele, alleato a Francia e Regno Unito (paesi degli azionisti della società di costruzione e gestione del canale), intervenne militarmente.

    Nel 1956 scoppiò la seconda guerra arabo-israeliana: preoccupati del riarmo egiziano sostenuto dalla Cecoslovacchia, gli israeliani, appoggiati dal Regno Unito, Francia e USA, sferrarono un attacco preventivo contro l'Egitto riportando numerosi successi e annettendo la striscia di Gaza e la penisola del Sinai. Il conflitto si risolse tuttavia grazie a una trattativa tra USA e URSS, che aveva addirittura minacciato l'utilizzo del nucleare in difesa dell'Egitto.

    Per il suo ruolo nell'imporre una soluzione pacifica, Lester Pearson ricevette il Premio Nobel per la Pace nel 1957.

    Nel 1967, scoppiò un nuovo conflitto (il terzo) fra Israele e i vicini Paesi arabi, denominato guerra dei sei giorni per la sua esigua durata. Constatato che Egitto, Siria e Giordania stavano ammassando truppe a ridosso dei propri confini, Israele decise nuovamente di optare per un attacco preventivo. Sotto il comando dei generali Ytzhak Rabin (Capo di Stato Maggiore) e Moshe Dayan (Ministro della Difesa), dal 5 giugno 1967, in sole 6 ore Israele ridusse al silenzio le forze aeree nemiche, e in soli sei giorni sconfisse gli eserciti dei tre paesi arabi, conquistando la Cisgiordania con Gerusalemme Est (che erano sotto l'amministrazione giordana), la penisola del Sinai, le alture del Golan, la Striscia di Gaza, la Cisgiordania, occupando così vaste aree di territorio al di fuori dei propri confini originari.

    Dopo la guerra, Israele annesse non solo la città di Gerusalemme (6 km²), ma anche i villaggi cisgiordani circostanti (64 km²). I palestinesi residenti nei territori annessi, e a Gerusalemme Est, non ottennero i pieni diritti dei cittadini israeliani, ma solo quelli riconosciuti ai 'residenti permanenti' nello Stato di Israele; partecipano alle elezioni amministrative, ma non alle politiche per la Knesset (Parlamento).[13]

    Nel 1973 Egitto e Siria attaccarono a sorpresa Israele nel giorno della festività ebraica dello Yom Kippur. Nei primi giorni di conflitto, denominato oggi appunto guerra del Kippur, i due paesi arabi ebbero la meglio ma, dopo una fase di stallo, le truppe israeliane riuscirono a riprendere il controllo della situazione e a rovesciare le sorti del conflitto, ricacciando egiziani e siriani di là dalle posizioni iniziali. Fu la quarta guerra arabo-israeliana.

    In seguito, nel 1978, con gli accordi di Camp David, Israele si impegnava a restituire la Penisola del Sinai, mentre l'Egitto si impegnava al riconoscimento dello Stato di Israele affiancandosi agli USA, e uscendo (espulso) dalla Lega Araba. Con il trattato per la prima volta si crearono normali relazioni diplomatiche fra Israele e uno dei Paesi confinanti.

    Gerusalemme, capitale contestata
      Lo stesso argomento in dettaglio: Gerusalemme e Status di Gerusalemme.

    Gerusalemme è stata proclamata capitale d'Israele nel dicembre 1949[14] e confermata come tale, nel 1980, con la "legge fondamentale" promulgata dalla Knesset.

    Dall'inizio del 1950[14] in poi, quasi tutte le istituzioni governative israeliane furono trasferite a Gerusalemme Ovest, mentre alcune, come il Ministero della Difesa, rimasero a Tel Aviv (città dalla quale Ben Gurion proclamò la nascita dello Stato d'Israele).

    Le proclamazioni di Gerusalemme capitale di Israele non sono state riconosciute come valide dalla comunità internazionale, e sono state anzi condannate da risoluzioni ONU non vincolanti, poiché la città di Gerusalemme comprende territori non riconosciuti internazionalmente come israeliani. La Corte internazionale di giustizia ha confermato nel 2004 che i territori conquistati dallo Stato di Israele oltre la "Linea Verde" del 1967 continuano a essere definiti "territori occupati", e dunque con essi anche la parte est di Gerusalemme, annessa da Israele nel 1980. A rimarcare questa situazione, tutti gli Stati che hanno rapporti diplomatici con Israele (tranne gli Stati Uniti d'America) non mantengono le proprie sedi diplomatiche a Gerusalemme, ma in genere a Tel Aviv o nelle immediate vicinanze.

    Nel 2006 gli unici due Stati che avevano una propria ambasciata a Gerusalemme, El Salvador e Costa Rica, hanno notificato al governo israeliano la decisione di spostare le proprie rappresentanze diplomatiche verso Tel Aviv; successivamente a tale notifica, El Salvador l'ha spostata a Herzliya Pituach (sobborgo di Herzliya, città fondata da coloni sionisti nel 1924 e che prende il nome da Theodor Herzl), e Costa Rica a Ramat Gan (sobborgo di Tel Aviv).

    Dal 2006 al 2018 nessuna nazione aveva un’ambasciata a Gerusalemme.

    Il Congresso degli Stati Uniti in passato ha richiesto lo spostamento dell'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, ma fino al 2018 nessuno dei governi succedutisi aveva messo in atto tale decisione.[15] Il 6 dicembre 2017 il presidente statunitense Donald Trump ha espresso l'intenzione di spostare l'ambasciata americana a Gerusalemme, precisando che essa "è la capitale di Israele"[16] e sollevando perciò reazioni negative in quasi tutta la comunità internazionale, segnatamente da parte di quei paesi islamici che apertamente appoggiano la causa palestinese. Il 14 maggio 2018 la figlia del presidente Usa, Ivanka Trump, inaugura la nuova sede dell’ambasciata americana a Gerusalemme nell’anniversario dei 70 anni della nascita dello Stato d’Israele, generando nuovi violenti scontri nella Striscia di Gaza.

    Israele rimane senza capitale nelle mappe prodotte e distribuite dall'ONU.[17]

    Gli interventi militari in Libano
      Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra del Libano (1978), Guerra del Libano (1982) e Guerra del Libano (2006).
    Il processo di pace
      Lo stesso argomento in dettaglio: Conflitti arabo-israeliani e Proposte per uno Stato di Palestina.
    Un uomo in abito scuro a sinistra stringe la mano di un uomo sorridente con il tradizionale copricapo arabo a destra. Si distingue un uomo più giovane con le braccia aperte al centro dietro di loro. Yitzhak Rabin e Yasser Arafat si stringono la mano e firmano gli Accordi di Oslo, con Bill Clinton dietro di loro, 1993

    Gli accordi di pace di Camp David (1978) fra Israele ed Egitto furono preceduti dalla storica visita di Anwar Sadat, presidente egiziano, alla Knesset a Gerusalemme il 19 novembre 1977. Anwar Sadat e Menachem Begin ricevettero il Premio Nobel per la Pace 1978, ma Sadat fu ucciso da fondamentalisti islamici il 6 ottobre 1981. Comunque, il ritiro di Israele dai territori egiziani occupati (Sinai) si completò come previsto nel 1983; da allora la pace ha tenuto, e l'Egitto ha spesso mediato fra Israele e i palestinesi.

    Tra Israele e la Giordania il trattato di pace fu siglato a Wadi Araba il 26 ottobre 1994 da re Hussein di Giordania e Yitzhak Rabin; la pace ha tenuto da allora.

    Gli accordi di Oslo tra Israele e l'OLP, conclusi il 20 agosto 1993 da Mahmūd Abbās e Shimon Peres e firmati a Washington il 13 settembre da Yasser Arafat, Yitzhak Rabin e Bill Clinton, erano stati preceduti dalla prima Intifada (1987-1993). Yasser Arafat, Yitzhak Rabin e Shimon Peres ricevettero il Premio Nobel per la Pace nel 1994, ma Rabin fu ucciso da un estremista ebreo nel 1995. Gli accordi istituirono l'Autorità Nazionale Palestinese. La seconda Intifada (2000) sancì il fallimento del processo avviato a Oslo. Nel 2005, Israele si è ritirato dalla Striscia di Gaza, lasciando completamente il territorio nelle mani delle autorità palestinesi.[18]

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    Mappa del Mediterraneo sudorientale (PDF) (archiviato dall'url originale il 30 marzo 2015).
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